Un senegalese di 29 anni, Abdallah Adam El Tayeb, è stato fermato dalla polizia perché ritenuto lo scafista della piccola imbarcazione con 113 migranti soccorsa nel Mediterraneo venerdì scorso dalla nave cargo danese “Alexander Maersk”, attraccata poi l’altro ieri notte a Pozzallo dopo alcuni giorni di attesa, in mare, ancorata ad alcune miglia dal porto siciliano. Già nelle prime fasi dello sbarco dalla “Maersk”, e dunque nella notte tra il 25 e il 26 giugno, la polizia ha ascoltato alcuni migranti; un’attiva poi sospesa per la tarda ora e perché molti erano particolarmente provati, ma ripresa l’indomani: è proprio dalle testimonianze di più migranti la polizia è risalita al 29enne senegalese. Secondo quanto raccontato agli investigatori, infatti, Abdallah Adam El Tayeb in Libia, da dove la piccola imbarcazione poi soccorsa è partita, non era nella connection house insieme agli altri migranti, “segno – secondo gli investigatori – di un precedente accordo criminale con gli organizzatori libici” del viaggio in mare.
Più emigranti, inoltre, avrebbero anche riferito che il 29enne senegalese nel momento del loro imbarco sul piccolo scafo dialogava con dei libici che dopo la partenza restavano in spiaggia mentre loro prendevano il largo. E sarebbe stato proprio Abdallah Adam El Tayeb a chiamare con un telefono satellitare i soccorsi una volta allontanatisi dalle coste libiche. Non bastasse, gli investigatori sono anche venuti in possesso di una foto, scattata durante la navigazione del piccolo scafo, che ritrae il 29enne senegalese con il timone in una mano ed il navigatore nell’altra. Alcuni migranti sudanesi sbarcati dalla “Maersk” hanno anche riferito di aver pagato quasi 5mila dollari per raggiungere dal loro Paese l’Europa. Ogni passaggio da un paese all’altro – hanno raccontato – costava denaro: in particolare, l’imbarco dalla Libia per l’Italia è stato da ciascuno di loro pagato circa 700 euro, mentre più rilevante è stata la cifra che in Africa hanno dovuto sborsare ad ogni passaggio di frontiera.
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