Uomo ucciso con autobomba a Limbadi, fermati i vicini della vittima

di Redazione

Sono sei i fermi disposti dalla Dda di Catanzaro nei confronti di presunti mandanti ed esecutori dell’attentato con un’autobomba che il 9 aprile scorso a Limbadi ha ucciso Matteo Vinci, 42 anni, e ferito gravemente il padre Francesco, 70. I fermati sono: i coniugi Rosaria Mancuso, 63 anni, ed il marito Domenico Di Grillo; la figlia Rosina Di Grillo, l’altra Lucia Di Grillo, 29 anni, con il marito Vito Barbara, 35 anni, e Salvatore Mancuso, 46 anni, fratello di Rosaria Mancuso, questi ultimi due indicati appartenenti a vario titolo all’omonima famiglia di ‘ndrangheta. Gli arrestati sono tutti di Limbadi. Ad eseguire i fermi sono stati i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia ed il Ros di Catanzaro. I Mancuso-Di Grillo sono vicini di casa dei Vinci-Scarpulla e da tempo erano in lite per i confini delle rispettive proprietà.

“Spero che questa gioia che ho dentro non venga smorzata come l’altra volta. Stanotte non ho dormito affatto, sono felicissima”. Sono le prime parole di Rosaria Scarpulla, madre di Matteo Vinci. La donna in questi mesi, nonostante la grave perdita e il ferimento del marito Francesco nell’esplosione dell’ordigno, ha continuato a condurre la propria battaglia chiedendo giustizia per il figlio. “Sono stati arrestati non i presunti colpevoli – ha aggiunto Rosaria Scarpulla – ma quelli reali. Io li ho visti, li ho indicati, ho fatto nomi e cognomi. Finalmente un po’ di serenità. Ringrazio gli investigatori per questo provvedimento che mi restituisce un po’ di gioia dopo tanto dolore”.

Un’azione messa in atto per fare cedere la famiglia Vinci-Scarpulla alle loro richieste estorsive: é questo, secondo la Dda di Catanzaro, il movente dell’attentato. Le motivazioni vengono indicate nel provvedimento col quale la Dda di Catanzaro ha disposto il fermo delle sei persone.
Oggetto delle richieste estorsive rivolte dai Mancuso-Di Grillo alla famiglia Vinci sarebbe stata la cessione di un terreno limitrofo ad alcuni fondi di loro proprietà. La resistenza da parte dei Vinci nel non volere cedere il terreno, prolungatasi per anni ed accompagnata da varie minacce e intimidazioni, sarebbe stata la causa scatenante dell’attentato.

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