Aversa in Cassazione. Brillante risultato conseguito dalla Camera Civile di Aversa con la conduzione e il coordinamento del convegno Nazionale dell’Unione nazionale delle Camere Civili sul tema “L’avvocato nel sociale, Biotestamento tra etica e diritto alla vita”, svoltosi nell’aula magna della Corte di Cassazione. Quantunque sia una delle più giovani Camere Civili, essendo stata fondata immediatamente dopo la costituzione del nuovo Tribunale di Napoli Nord, la Camera Civile aversana è riuscita a vedersi riconosciuto il prestigio di proporre e coordinare il tradizionale incontro che l’Unione Nazionale realizza ogni anno presso la Corte di Cassazione.
Accettando, infatti, la proposta del proprio componente nonché presidente della Camera aversana, Carlo Maria Palmiero (nella foto), il Centro Studi dell’Unione Nazionale quest’anno ha deliberato di far convergere presso la prestigiosa aula magna della Corte di Cassazione i civilisti italiani per confrontarsi con i maggiori studiosi della materia, sul “biotestamento”. Dopo i saluti della presidente dell’Unione nazionale, Laura Jannotta, del primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, del componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura, Paola Balducci, del consigliere del Consiglio Nazionale forense, presidente della Commissione Procedura Civile, Andrea Pasqualin, si sono trovati a dibattere, a seguito dell’introduzione e sotto il coordinamento dell’avvocato Palmiero, Lorenzo d’Avack, presidente del Comitato Nazionale per la bioetica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinario di filosofia del diritto all’Università degli Studi Roma tre, Lucio Romano, docente di bioetica all’Università degli Studi di Napoli Federico II e componente del predetto comitato nazionale di bioetica, Lorenzo Matassa, magistrato presso il Tribunale di Palermo, Pasquale Femia, ordinario di diritto privato all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Emilia Fargnoli, presidente sezione addetta alle tutele e alle amministrazioni di sostegno del Tribunale di Roma, Maria Carla Giorgetti, professore di diritto civile, fallimentare e dell’arbitrato presso Università di Bergamo, il dottor Giacomo Travaglino, Presidente della Terza sezione civile della Suprema Corte.
È utile premettere che con questa norma, approvata dal Parlamento in chiusura di legislatura in modo probabilmente frettoloso, senza consentire al Senato di effettuare integrazioni e correttivi sicuramente necessari, è data la possibilità alle persone di decidere se rifiutare o meno trattamenti sanitari – nei quali la legge di comprende anche l’idratazione e l’alimentazione forzata- riconoscendo il diritto a morire senza essere esposti a trattamenti – o accanimenti, secondo altra ottica- non voluti. Inoltre, la norma sancisce il diritto a poter avere cure palliative, che affranchino dal dolore, e prevede che, per far valere questa propria volontà si possa nominare, compilando delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, un “Fiduciario” chiamato a garantire e far valere il rispetto di tali intendimenti nel bisogno. Ove l’opinione del fiduciario e del medico concordino, il paziente può essere lasciato morire senza che il Magistrato possa esercitare alcuna forma di controllo o interferenza.
La legge, poi, non prevede alcuna possibilità per il medico di opporre qualsiasi obiezione di coscienza e, pertanto, è inderogabilmente applicabile anche da parte di strutture sanitarie private, anche religiose. Quantunque sia stato rimarcato che l’approccio a questa legge deve essere effettuato dall’interprete scevro da convinzioni ideologiche, essendo chiaro che ciascuno porta nella propria interpretazione retaggi culturali che mal si conciliano con quella che è la portata intrinseca della legge, va detto che tutti gli intervenuti, alcuni salutando con favore il bicchiere mezzo pieno, altri evidenziando, con preoccupazione le carenze della norma, hanno mostrato grande tensione morale nel valutare gli effetti che tale Istituto potrà determinare nella nostra collettività.
La platea ha preso atto che già vi sono stati, dopo l’entrata in vigore della legge, due casi di distacco dalle macchine successivamente all’entrata in vigore della legge, con morte del paziente -in un caso, in Sardegna, senza nemmeno passare per il vaglio del Tribunale- e che vi è già stata una richiesta da parte del Tribunale di Pavia di richiesta di intervento della Corte Costituzionale per valutare la legittimità della norma nella parte in cui consente al rappresentante del incapace di esprimere un presunto relativo consenso al distacco delle macchine in assenza di migliore cautela. Tutti hanno convenuto sull’opportunità di monitorare via via la casistica che andrà a determinarsi per valutare i correttivi da proporre.