In coerenza con il percorso, inaugurato circa dieci anni fa, di studio e allestimento del teatro elisabettiano, Laura Angiulli sceglie per questa edizione del Napoli Teatro Festival di portare in scena “Edoardo II” di Cristopher Marlowe. Si pensa a un progetto strutturato su un duplice versante narrativo, per così dire modulare, che in un caso guarda alla rappresentazione dei vari segmenti dell’opera – da quelli guerreschi a quelli più stridenti di una corte in fermento e di un privato portato in piazza – in un altro verso alla più concisa, ma non meno pregnante raffigurazione del dramma, ridefinito intorno a luoghi emozionali di dolorosa intimità (molteplici, e assolutamente non banali), non più idonei alla rappresentazione di strada, ma allo spazio silenzioso del teatro, dove il rito ha occasione di celebrarsi.
Entrambi gli ambiti rappresentativi, opportunamente condotti a corpo unico, daranno luogo a un evento tanto inconsueto quanto affascinante per un pubblico ampio, anche turistico. Edoardo II è figura di straordinaria densità poetica; trasgressivo e irridente alle istanze impostegli dal ruolo regale che gli compete; mette in gioco il trono e la vita nella rivendicazione di una libertà che ostinatamente ritiene gli tocchi nel diritto e nella dignità dell’uomo.
Ma ci si chiede – e qui è il cuore della deflagrazione drammatica – è consentito a chi tiene nelle mani le sorti di un popolo e l’equilibrio delle componenti sociali, è consentito a un re nella sua propria configurazione di entità politica, porre al centro la priorità delle personali aspirazioni contro il bene comune? Naturalmente per Edoardo II la risposta al quesito è nell’epilogo luttuoso, tanto eloquente quanto straziante.
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