Da carta da parati a “falso Pvc”, 9 arresti tra Milano e Pavia. Sequestrati impianti di riciclo

di Redazione

Traffico illecito di rifiuti, discarica abusiva, falso in commercio e falso nelle pubbliche relazioni: queste le accuse per l’associazione a delinquere, formata in gran parte da italiani incensurati, sgominata dai carabinieri forestali di Milano, Pavia e Lodi. Arrestate nove persone (sette in carcere e due ai domiciliari), denunciate altre 12, e sequestrati oltre due milioni di euro in conti correnti e 12 automezzi. Dalle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, è anche emerso un caso di estorsione a mano armata e l’incendio colposo di un capannone di rifiuti.

Le indagini della Dda di Milano hanno preso il via dopo che nel 2016 a Voghera (Pavia) erano stati sequestrati due capannoni delle ditte Recology e Gibiemme 2000 stipati di rifiuti con evidente violazione delle normative di settore ed a rischio incendio. La Procura pavese, visti gli accertamenti effettuati dei forestali, ha sin da subito accertato la sussistenza di un’organizzazione dedita al traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, trasmettendo il fascicolo alla competente antimafia di Milano che ha inteso approfondire la vicenda delegando ai carabinieri forestali dei nuclei investigativi di Polizia ambientale agroalimentare e forestale (Nipaaf) di Milano e Pavia indagini, anche di natura tecnica.

L’autorità giudiziaria e i forestali hanno quindi analizzato tutti i soggetti che, a diverso titolo (trasportatori, dipendenti, conferitori), avevano a che fare con le due ditte, sulla base dell’ormai consolidato postulato per cui il traffico di rifiuti non conosce interruzioni. Sono stati attenzionati diversi soggetti sia persone fisiche che giuridiche e, attraverso l’attività tecnica, è stata documentata la sussistenza di un articolato sodalizio, composto da ditte autorizzate compiacenti, privati “tuttofare” e trasportatori conniventi, dedito all’illecito smaltimento di diverse tipologie di rifiuti (sovente stipati in capannoni dismessi) ed in particolare nell’illecita gestione del rifiuto da carta da parati. Quest’ultimo, infatti, richiede dei costi elevati di smaltimento in virtù delle diverse componenti chimiche e plastiche che lo caratterizzano. I sodali invece, simulandone l’avvenuto smaltimento grazie a falsi documenti, lo macinavano realizzando un “falso Pvc” che veniva venduto in Italia ed all’estero come materia prima nell’industria della plastica, immettendo quindi sul mercato, a prezzi altamente concorrenziali, una materia prima illegale, in realtà rifiuto e formato da componenti pericolose.

Tra le aziende acquirenti della materia prima sono state individuate anche ditte che producono suole di scarpe e stivali per bambini. Le operazioni di triturazione , sempre effettuate in luoghi nascosti ed abusivi, causavano inquinamento idrico, per la mancanza di idonei apparati di scarico, rischio incendio, per la mancanza di sistemi antincendio, e davano come residuo un materiale cartaceo che veniva ulteriormente smaltito occultandolo in altre tipologie di rifiuti ovvero inserendolo in balle di rifiuti di carta e cartone idonei al recupero. Inoltre, sono stati documentati un episodio di estorsione nei confronti di alcuni dipendenti che reclamavano lo stipendio non corrisposto, i quali sono stati minacciati addirittura mediante l’esibizione di una pistola, nonché un caso di incendio in un capannone abusivamente riempito di rifiuti. Numerosi, poi, i casi di reato di falso documentale commessi a copertura di trasporti abusivi di rifiuti e di trattamenti mai avvenuti.

I sequestri, oltre alle ditte coinvolte, hanno riguardato anche aree abusivamente dedicate alla gestione dei rifiuti e divenute poi vere discariche come quella presente nella zona di via Campazzino di Milano, area che rientra nel Parco Agricolo Sud Milano. Un ulteriore capannone dedicato all’illecito trattamento dei rifiuti è stato individuato all’interno del complesso autogestito Ri-Maflow a Trezzano sul Naviglio. Il profitto ottenuto dalle condotte illecite descritte è stato calcolato dagli investigatori in circa 2 milioni 100mila euro quale somma delle mancate spese per lo smaltimento dei rifiuti e il profitto derivante dalla vendita del falso Pvc.

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