Su ordine della dottoressa Claudia Brunino, sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Vicenza, alle prime luci dell’alba di lunedì scorso i finanzieri della Tenenza di Schio, nell’ambito dell’operazione denominata “Pecunia”, hanno perquisito le abitazioni di due cittadini stranieri ubicate nel comune vicentino. Questi, una filippina ed un bengalese, erano stati denunciati a fine giugno dalle Fiamme Gialle scledensi poiché, a fronte della concessione di un prestito di 6.000 euro erogato a fine 2016 a favore di una donna filippina, avevano incamerato ben 8.500 euro a titolo di soli interessi.
Grazie alle perquisizioni, i finanzieri hanno rinvenuto – occultati negli abiti del bengalese in mazzette arrotolate, piuttosto che in buste da lettera – circa 11.000 euro in banconote dal taglio tondo da minimo 50 euro, preziosi e brillanti del peso complessivo di oltre 250 grammi, nonché i “libri mastri” dei prestiti concessi e degli interessi da riscuotere. Incrociando i dati rilevati dai contratti di prestito rilevati con quelli presenti negli applicativi informatici in uso alle Fiamme gialle, i finanzieri scledensi hanno individuato, allo stato, decine di cittadini stranieri – molti di questi tempestivamente sentiti in atti – che, residenti nelle provincie di Vicenza e Padova, si sono nel tempo rivolti ai due usurai. Il modus operandi consolidato (rientrante peraltro nella modello “five-six”, diffuso nella comunità filippina) prevedeva che, a fronte della concessione di un prestito, il debitore si obbligasse a pagare mensilmente una quota di interessi, da corrispondersi senza soluzione di continuità sino a quando – circostanza evidentemente di difficile realizzo – l’usurato fosse in grado di restituire, in un’unica tranche, l’intera somma ottenuta.
Nel corso della perquisizione eseguita nei confronti dell’indagata filippina – che negli ultimi 4 anni ha dichiarato redditi per poco più di 1.300 euro annui e che, oltre a curare il giro d’usura, lavorava quale badante nell’abitazione di un ignaro anziano – un’ulteriore cittadina di origini asiatiche è giunta presso l’abitazione, chiedendo di poter consegnare all’indagata delle somme di denaro. La donna, subito interrogata dalle Fiamme gialle, ha riferito che stava fungendo da mero “tramite” per la consegna delle somme, conferitele da un’ulteriore cittadina filippina vittima di usura, relative al pagamento degli interessi (nel caso specifico, a fronte del prestito di 3.000 euro ricevuto nel 2015 per pagare i costi di un funerale, la donna aveva allo stato restituito oltre 6.000 euro di soli interessi). In considerazione della palese flagranza del reato di usura, la badante-usuraia filippina è stata tratta in arresto dagli investigatori.
Nella mattinata di giovedì 12 luglio, l’arrestata è stata accompagnata dai finanzieri in tribunale, dove la dottoressa Barbara Maria Trenti, giudice per le indagini preliminari, ha celebrato l’udienza di convalida. Nell’abitazione dell’arrestata sono stati altresì rinvenuti documenti di identità da questa trattenuti in pegno per le obbligazioni contratte dai debitori i quali, escussi in atti, hanno riferito di essere soggetti ad intimidazioni non soltanto legate ai documenti. Sovente, infatti, alle debitrici filippine coniugate con uomini di nazionalità italiana gli usurai prospettavano di riferire al marito il debito contratto ed il mancato saldo dello stesso, gettando discredito su di esse, con l’effetto di indurle alle dovute dazioni finanziarie.
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