Carinaro – Per Alfonso Bracciano, Lello Sardo e Maria Grazia De Chiara, ex esponenti di maggioranza, tra i consiglieri dimissionari (insieme ai quattro dell’opposizione) che hanno sancito la fine prematura dell’amministrazione Dell’Aprovitola, l’ex sindaca avrebbe fatto bene a continuare il suo silenzio stampa, anziché “autocelebrarsi”. “Faccia una profonda e attenta analisi sul suo fare politica negli ultimi mesi – commentano Bracciano e Sardo – e si chieda se ha rispettato le regole fondamentali della democrazia in cui contano i numeri, in cui hanno peso le discussioni e le scelte condivise. Le motivazioni che hanno portato alle dimissioni noi componenti della maggioranza sono riconducibili alla delusione di vedere ogni giorno scadere la qualità della politica, incrinare la democrazia, prendere atto del malcontento diffuso tra gli impiegati per la confusione dei ruoli via via più evidente, che ha portato allo scadimento dell’efficacia ed efficienza del lavoro negli uffici”.
“La decisone – sottolineano – è maturata nel prendere atto che le risposte date ai cittadini non erano in linea con le loro aspettative. Abbiamo pensato: alla volontà di voler realizzare un impianto di cremazione nel cimitero; alla biblioteca comunale, assolutamente fuori dai canoni della sicurezza, a partire dagli infissi; ai lavori sotto al ponte vicino alla chiesa, del tutto inefficaci; all’isola ecologica, che al di là del dove, presentava un vistoso errore di progettazione; a bandi di gara ‘importanti’ sui quali i delegati sono stati informati solo alla nascita di intoppi; alle risposte non date, o rallentate artatamente, a cittadini che chiedevano il rispetto di ordinanze a loro favorevoli; alla richiesta di revoca del concorso area tecnica, che in una riunione di maggioranza fatta il 12 giugno vedeva ben cinque consiglieri su otto favorevoli alla revoca; alla nomina nel collegio dei revisori dei conti del consorzio idrico, nomina non condivisa, con nessun consigliere comunale; alle nomine e deleghe fatte a favore di esponenti di altri paesi, tanto da guadagnarsi la candidatura al collegio uninominale; al debito fuori bilancio del consorzio di bacino di oltre 200mila euro senza il preventivo coinvolgimento della maggioranza ma condividendolo solo con i tecnici di fiducia. Provvedimento poi ritirato nel Consiglio comunale per evidenti incongruità; alla realizzazione dei dossi, limitati in un primo momento esclusivamente agli impegni personali presi dall’ex sindaca; alla convenzione ‘gratuita’ per la gestione della villa comunale per solo due anni. E pensando abbiamo capito bene che era tempo di agire”.
“Collaborazione e correttezza – spiegano ancora i tre dimissionari – ci hanno contraddistinto sempre, se ci sono stati degli ‘alti e bassi’ probabilmente per le levate di scudo su progetti assurdi, sulla pretesa di avere sempre documenti e progetti allegati agli argomenti che andavano in giunta, per il costante rispetto della legalità. Intanto, l’ex sindaca ha consolidato la ‘sua’ (privata) macchina amministrativa, dando campo libero e spazi illimitati ad alcuni impiegati e funzionari, tanto che alle riunioni nella sua stanza fatte in particolari orari di ufficio, sono stati presenti soprattutto questi, anziché i delegati. Ma ad un certo punto, dopo la mancata elezione ha perso tanta ma tanta lucidità, ha preferito consolidare il suo personale potere ‘monocratico’, supportata chissà perché in maniera sempre più incisiva dai soliti impiegati-funzionari”.
“Quanto, poi, alle dimissioni viste come ‘scandalo’, i tre ricordano all’ex sindaca, usando una metafora calcistica, che anche lei è ‘a due’, ossia anche lei si è dimessa per due volte, una volta per mandare a casa Affinito e un’altra dalla giunta Masi. “A Carinaro – riprendono gli ex della maggioranza – la politica stava per lasciare definitivamente il passo al potere monocratico e tecnocratico. Abbiamo levato gli scudi contro questa mortificazione della democrazia. Grande umiltà: serve quella per restare alla guida amministrativa di un paese. Umiltà da lei millantata ma non realmente posseduta. Quanto al ‘tu hai detto’, ‘lui ha detto’, ‘lei ha risposto’, eccetera, non diamo risposte; cadremmo al livello più infimo della politica, livello che non ci appartiene. Non si può poi criticare l’indennità percepita dagli assessori e addossare alla stessa l’unico motivo di permanenza in giunta, è offensivo e oltremodo lesivo della dignità altrui, tanto più che per se stessa, la ormai ex sindaca, si è fatta assegnare, dal primo momento, l’intero ammontare della indennità di carica (1800 euro circa mensili). Bisognava dare il buon esempio. Le dimissioni di Bracciano vanno anche e soprattutto in questo senso: dimostrare che l’impegno era spontaneo, vero e sentito e che l’indennità non lo teneva legato alla poltrona. La determinazione a reagire a queste basse considerazioni è lodevole, perché la difesa della propria dignità non ha prezzo”.
Poi evidenziano: “Sostanzialmente, il clima si è deteriorato poco per volta, per la progressiva abitudine dell’ex sindaca di non distinguere il ruolo della parte politica da quello dei tecnici e impiegati. Da qualche tempo ormai era cambiata la nostra geografia politica. Gli assessori ratificavano le scelte fatte dal sindaco e sostenute dai tecnici, in giunta la discussione era ridotta a lumicino, tanto da farle esclamare che l’attuale giunta era ‘sciuliarella’ mentre la precedente ‘druppucosa’, riferendosi evidentemente alla discussione su ogni punto. A pensarci bene le elezioni del 4 marzo non hanno fatto bene alla nostra ex sindaca, anzi si sono dimostrate fatali e le hanno fatto sfoggiare il ‘meglio’ di sé. E’ aumentata la sua litigiosità, suscettibilità e irritabilità. Quando il clima diventa teso la vera politica cessa di esistere ed il pericolo reale è quello di fare scelte sbagliate per il proprio il paese. Per il momento meglio mettere la nave in porto, meglio un commissario che riporti ordine all’interno della casa comunale, riorganizzi il lavoro nei vari settori, contribuisca a riportare la serenità tra i dipendenti persa per gli ordini e contrordini dell’ex sindaca e per la spavalderia di qualche dipendente”.
Bracciano, Sardo e De Chiara concludono con un pizzico d’ironia: “Morto un Papa se ne fa un altro; caduto un sindaco se ne elegge un altro! Per quattro anni ha mortificato l’intera comunità carinarese ripetendo continuamente a mo’ di litania ‘Carinaro non mi merita’. In nome e per conto di tutti i carinaresi mortificati l’abbiamo accontentata!”.