La Direzione investigativa antimafia di Messina, in sinergia con il centro operativo di Catania, supportata dai centri e sezioni di Reggio Calabria, Palermo, Bari, Roma, Caltanissetta, Catanzaro ed Agrigento, ha dato esecuzione a numerose ordinanze cautelari, emesse dal gip del Tribunale di Messina, nei confronti di esponenti di spicco della politica cittadina e della criminalità peloritana, nonché imprenditori e faccendieri di origine messinese. Eseguiti anche ingenti sequestri che colpiscono diverse imprese e beni immobili, per un valore di numerosi milioni di euro. L’operazione, denominata “Terzo livello”, è stata coordinata dalla Procura antimafia di Messina, diretta dal procuratore capo Maurizio De Lucia, ed ha evidenziato, in sintesi, una rete di rapporti clientelari/affaristici nella gestione della cosa pubblica, in particolare degli ultimi quattro anni. Tra le persone coinvolte anche l’ex presidente del Consiglio comunale di Messina, Emilia Barrile, imprenditori ed esponenti di società miste messinesi.
Tredici gli indagati, di cui undici sono finiti in arresto, i quali, insieme ad altre sette persone denunciate, sono accusati, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità in concorso, corruzione, detenzione illegale di armi, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, turbata libertà degli incanti, associazione per delinquere, intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. In carcere Vincenzo Pergolizzi, 65 anni, ai domiciliari Emilia Barrile, 48 anni; Marco Ardizzone, 46; Francesco Clemente, 51; Stefania Pergolizzi, 40; Sonia Pergolizzi, 38; Carmelo Cordaro, 58; Michele Adige, 38; Vincenza Merlino, 54; Carmelo Pullia, 50; Giovanni Luciano, 53. Una misura della sospensione dal pubblico ufficio ricoperto per la durata di sei mesi è stata emessa nei confronti di Daniele De Almagro, 53 anni; mentre per Antonio Fiorino, 52 anni, è giunto il divieto temporaneo, per la durata di sei mesi, di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire uffici apicali in seno ad imprese e persone giuridiche.
All’ex presidente Barrile è contestato un comportamento volto a favorire imprenditori a scapito di altri, mediante la violazione del sistema informatico del Comune. Fra coloro che avrebbero beneficiato di tali comportamenti, secondo i pm, vi sarebbe Toni Fiorino, proprietario di una rete di supermercati. “Le indagini – scrive il gip che ha disposto le misure cautelari – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”. Secondo gli investigatori, inoltre, la donna era il vero dominus di due coop, la ‘Peloritana Servizi’ e la ‘Universo Ambiente’, che gestiva attraverso prestanome. Grazie ad amicizie, come quella con un personaggio già coinvolto in un blitz antimafia con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, riusciva a gestire alcuni servizi di ristorazione e di fornitura di steward per il parcheggio all’interno dello stadio cittadino.
Tra i nomi coinvolti c’è anche quello del direttore generale dell’azienda di trasporti Atm, Daniele De Almagro, che sarebbe stato favorito dalla Barrile in cambio dell’assunzione nella società di un autista, che non aveva i requisiti per svolgere il lavoro. Indagato anche il costruttore Vincenzo Pergolizzi: la Barrile gli avrebbe fatto acquistare, grazie alla complicità del funzionario comunale Francesco Clemente, il terreno comunale dove doveva realizzare una palazzina. Dall’inchiesta sarebbe emerso anche il tentativo di Pergolizzi, ritenuto vicino alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e sottoposto a misura di prevenzione, di sottrarre, attraverso la complicità di familiari e persone di fiducia, il suo patrimonio al sequestro antimafia e di evitare il recupero del credito erariale, quasi un milione di euro, da cui le sue società erano gravate. Con una serie di “trasformazioni” societarie per mezzo dei propri familiari, ha inscenato fittizie controversie con dipendenti di fiducia, per svuotare fraudolentemente le società di beni e capitali.
Tra gli indagati, inoltre, il commercialista Marco Ardizzone e gli imprenditori Angelo Pernicone e Giuseppe Pernicone, titolari di una società di vigilanza che svolgeva l’attività in occasione di eventi allo stadio. In cambio di agevolazioni nelle pratiche amministrative la Barrile avrebbe ottenuto l’assegnazione a una coop che controllava della gestione dei punti di ristoro allo stadio. I sequestri hanno colpito gli interi capitali sociali e compendi aziendali della “Per.Edil Srl”, della “Co.Ste.Son. Srl” e della “Er.Gi. Costruzioni Srl”, oltre ben 11 cespiti immobiliari rientranti nel patrimonio personale di uno degli indagati per un valore complessivo stimato in 35 milioni di euro.
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