I finanzieri del Nucleo speciale polizia valutaria di Reggio Calabria hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale, emessa dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, con il coordinamento del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e del sostituto Antonella Crisafulli, nei confronti di Alberto Pizzichemi, 48 anni, imprenditore di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) e del suo nucleo familiare – ha interessato 10 beni immobili (tra cui appartamenti e terreni situati a Reggio Calabria e Bologna), l’intero complesso aziendale di una rivendita di tabacchi (sita all’interno di un noto centro commerciale bolognese), nonché altre disponibilità finanziarie.
Le attività svolte, che hanno preso spunto dallo sviluppo investigativo di alcune segnalazioni di operazioni sospette inviate dagli intermediari bancari e finanziari, hanno consentito di dimostrare come il citato imprenditore, operante prevalentemente nel settore degli autotrasporti, operasse nella zona grigia di contiguità alle cosche Iamonte (attiva nella fascia ionica della provincia reggina) e Piromalli (egemone sulla Piana di Gioia Tauro), così come anche emerso da riscontri operati sulle dichiarazioni di alcuni collaborazioni di giustizia, i quali, nel tempo, hanno indicato il proposto quale soggetto vicino alle citate consorterie di ‘ndrangheta.
L’imprenditore, seppur formalmente incensurato perché assolto definitivamente dal delitto di associazione mafiosa, è stato ritenuto dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione inserito “in quella zona d’ombra” contigua alle organizzazioni criminali. La Corte di Appello, infatti, ha evidenziato che il Pizzichemi “è un faccendiere che vive ai margini di quella che può essere considerata una zona grigia, fatta di connivenze e collusioni tra mafia, imprenditoria e poteri pubblici”. Inoltre, è stato destinatario nel 2010 di rinvio a giudizio per tentata estorsione, mentre nel 2011 è stato segnalato per frode fiscale mediante l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
A completare il quadro relativo alla pericolosità del soggetto proposto giungono infine le numerosissime frequentazioni con soggetti pregiudicati o con precedenti di polizia per vari reati, tra cui numerosi soggetti contigui o appartenenti a cosche di ‘ndrangheta. In tale contesto le investigazioni a carattere economico/patrimoniale delegate dalla Direzione distrettuale antimafia reggina al Quarto Gruppo del Nucleo Speciale di Polizia valutaria ed eseguite attraverso la ricostruzione dei flussi finanziari e delle vicende economiche dell’intero nucleo familiare dell’imprenditore, oltre a delineare la pericolosità sociale qualificata del proposto, hanno consentito di rilevare che gli investimenti dallo stesso effettuati nel tempo erano del tutto sproporzionati rispetto alle fonti di reddito legittimamente realizzate. In particolare i finanzieri hanno ricostruito tutti i redditi prodotti dall’imprenditore e dal suo nucleo familiare a decorrere dall’anno 1991 e, confrontandoli con gli acquisti e con gli investimenti effettuati negli anni, hanno dimostrato la netta sproporzione tra i redditi conseguiti e i beni acquisiti e le somme di denaro accumulate.
Disposta dal tribunale l’applicazione della misura di prevenzione sull’intero patrimonio dell’imprenditore e su tutti i beni a quest’ultimo riconducibili, anche per interposta persona, che allo stato ammontano a circa 2 milioni di euro. Le attività esecutive del provvedimento sono state eseguite con la collaborazione dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna.
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