Teverola – Vergogna. Eccola la parola che ricorre nella mia mente in queste ore. Vergogna, intesa nelle sue mille sfaccettature ma in primis per aver fatto parte di un gruppo politico che nella sua poliedricità aveva evidentemente incluso pezzi lontani anni luce dal mio modo di essere nella vita e nel lavoro. L’unione di due anime distinte doveva manifestare, nel bene e nel male, la volontà di andare oltre il passato, superarlo, migliorarlo. E invece questa doppia presenza, che non è riuscita mai nella contaminazione e unità di intenti, è stata sempre solo causa di squilibri pesanti. Ed io, e tutta la cittadinanza, di questa precarietà interna siamo state senz’altro vittime.
L’obiettivo era aulico, ma evidentemente non per tutti. Non comune per ognuno, ma duplice e subdolo. Ed io ne sono stata la prova vivente. Il mio lavoro da consigliere, ma soprattutto da assessore ai Lavori pubblici, è sempre stato emarginato, volutamente messo da parte, sottovalutato, messo in stand by. “Ma perché”? La mia domanda costante, quotidiana, a tratti silente, a tratti rumorosa e piena di rabbia, era sempre la stessa: “Perchè?”. Perché le mie proposte di organizzazione di assetti gestionali comunali non erano mai prese in considerazione? Perché i miei progetti architettonici di quei parchi che dovevano rivalutare gli standard urbanistici della città, trovati in stato di abbandono da anni (una progettazione di livello esecutivo con relativi computi metrici e quadri economici), frutto del duro lavoro del mio studio di progettazione e messo a disposizione in campagna elettorale di tutto il gruppo ‘Teverola Città Fertile’ (gruppo più gruppo a questo punto), non servivano più?
Perché alle riunioni importanti relative alla pianificazione urbanistica, come un’eventuale redazione di un piano di recupero del centro storico, nonostante io fossi l’assessore di riferimento, non venivo invitata? O non mi veniva dato modo di poter intervenire? Perché il progetto del parco pubblico che avevo fortemente voluto, progettato, disegnato nei minimi particolari tenendo conto di eventuali fondi necessari o di eventuali modifiche da apportare per economizzarlo e renderlo fattibile senza dover necessariamente spendere una fortuna, non prendeva mai piede? E perché ne era stato presentato un altro al dirigente dell’ufficio tecnico che risultava a mio avviso obsoleto, non funzionale, anacronistico ma soprattutto costosissimo, senza che io, tecnico del gruppo ne fossi a conoscenza, senza avere un minimo rispetto del fatto che tutto il mio gruppo, in campagna elettorale avesse ‘sfruttato’ il mio progetto, già redatto in modo esecutivo, senza dover sostenere alcun costo di progettazione, attento al risparmio energetico, economico, con la possibilità di creare davvero un polmone verde all’interno di un costruito eccessivo e disordinato, in chiave assolutamente moderna? Semmai fosse stata necessaria e soprattutto possibile una progettazione esterna, io, in qualità di consigliere ma tecnico competente del gruppo, avrei sostenuto un concorso di progettazione dando la possibilità a giovani architetti di poter mettere in campo idee nuove, brillanti, sostenibili! Senza dover affidare l’incarico al ‘solito tecnico del paese’. E soprattutto perché il sindaco Di Matteo, nonostante avesse sempre creduto in me, nonostante avesse sempre apprezzato il mio lavoro e ne avesse profonda stima, motivo per cui voleva fortemente la mia presenza nel suo gruppo direttivo, rispondeva solitamente al mio ‘Perché?’ con: ‘Barbara, aspetta. Non è il momento!’, con conseguenti duri scontri?
Eccolo spiegato, il perché è venuto fuori! Forse c’era un ‘qualcuno’ che, in modo viscido e silente, cercava di tenere banco con degli interessi personali, anche di natura tecnica. Ed il sindaco – in un modo ovviamente da me non condiviso – ha cercato di mantenere gli equilibri precari facendo leva sul nostro rapporto personale di amicizia di sempre, motivato dal forte senso di responsabilità che aveva per la nostra città. Cercando di evitare il peggio. Si! Perché dandomi libertà di operare nel mio settore, avrebbe ‘minato’ la volontà di certi personaggi subdoli volta esclusivamente ad un interesse non collettivo e avrebbe ottenuto delle ripercussioni negative sulla gestione amministrativa. Mantenere gli equilibri fra chi ha idee per il paese e la capacità di svilupparle senza interessi di parte e fra chi invece è abituato a vivere la politica al servizio di sé, così come dimostrano le dimissioni, non è di certo cosa facile.
L’ignobile verità è questa! Per squallidi e meri interessi di una parte che ha tenuto in ostaggio chi aveva voglia e capacità di fare bene, io non sono stata messa nella condizione di poter produrre i frutti del mio sudato lavoro. Per anni ho sofferto, ho sgomitato, ma sono sempre andata oltre anteponendo al mio naturale disagio la dignità e il senso di responsabilità nei confronti della città. Se non ho esitato a restare da parte per consentire che venisse percorsa una strada meno dolorosa per la città, l’ho fatto per il rispetto di quanti hanno creduto in noi. Evidentemente però non per tutti la linea da seguire è stata quella del bene comune. Nel merito e sulle modalità delle dimissioni, ritengo che se proprio l’unico modo per alzare la voce doveva essere quello di distruggere ciò che si era costruito con grande difficoltà e limitazioni, lo si doveva fare guardando negli occhi l’intera città e l’intera composizione del gruppo ‘Teverola Città Fertile’, dicendo definitivamente la propria, senza celarsi dietro un piccolo dito come piccoli piccoli uomini. Le vere alleanze vanno strette sempre e solo con chi ha un’idea comune di città, con uomini e donne che, al posto di tramare, magari si danno da fare per intessere trame di sviluppo e crescita civile. Provo una grande amarezza, ma chi mi conosce sa bene che non mi arrendo e che con gli amici di sempre e le persone vere e giuste sono pronta a guardare avanti, con determinazione e passione!
Barbara Cesaro, architetto e già assessore ai Lavori Pubblici