Il giudice del tribunale di Napoli Nord, Fabrizio Finamore, ha condannato all’ergastolo Ciro Guarente, il 36enne ex cuoco della Marina militare imputato per l’omicidio del 25enne Vincenzo Ruggiero, originario di Parete, ucciso a colpi di pistola in un appartamento di Aversa (Caserta) il 7 luglio 2017. Il cadavere fu poi fatto e pezzi e nascosto da Guarente in un garage del quartiere Ponticelli di Napoli.
Ieri mattina, durante la requisitoria del processo svoltosi con rito abbreviato, il sostituto della Procura di Napoli Nord, Vittoria Petronella, aveva chiesto il massimo della pena. Guarente era reo confesso. Insieme al 35enne, ritenuto l’esecutore materiale del delitto, fu arrestato anche Francesco De Turris, 52enne di Ponticelli, accusato di aver ceduto all’ex marinaio la pistola, una calibro 7,65 mai trovata, usata per colpire due volte Ruggiero.
Originario di San Giorgio a Cremano, ma da tempo residente a Giugliano, Guarente, come accertato dagli inquirenti, avrebbe avuto un movente passionale, dovuto alla gelosia nei confronti di Vincenzo, giovane commesso al negozio “Carpisa” del centro “Campania” di Marcianise e attivista per i diritti gay, che viveva insieme ad una amica trans, Heven Grimaldi, in un appartamento di Aversa, in via Boccaccio, al confine con Carinaro, a pochi passi da un noto ristorante cinese. Proprio con la bella trans Ciro aveva condiviso un periodo di amore e passione, poi finito. E di questo avrebbe ritenuto responsabile anche Vincenzo. Ma fra la sua ex e il giovane di Parete, invece, c’era solo un rapporto di profonda amicizia, come sottolineato anche dalla stessa Heven in alcuni post su Fb.
Non solo gelosia morbosa. Guarente, da quanto si apprende, viveva un periodo negativo anche dal punto di vista professionale e prettamente umano. Era un militare della Marina ma due anni prima, dopo aver partecipato ad un gay pride, dichiarando quindi il suo orientamento sessuale, fu declassato al ruolo civile e spostato in un ufficio a Roma. Nel frattempo, l’arrivo di Vincenzo in casa di Heven lo aveva finito di mandare su tutte le furie. Quella sera del 7 luglio, mentre la trans Heven era fuori città, Guarente si presentò nell’appartamento di Aversa per un chiarimento con Vincenzo, terminato in una lite che provocò la morte del 25enne. Quello di Vincenzo doveva sembrare un “allontanamento volontario” ma Guarente veniva incastrato da una videocamera di sorveglianza posta davanti all’ingresso della palazzina di Aversa in cui si notava l’ex militare caricare il cadavere in auto.
Una volta fermato, Guarente aveva riferito ai carabinieri di aver gettato il cadavere di Vincenzo nel mare a Licola, dove per giorni si sarebbero concentrate le ricerche, facendo poi sparire il cellulare e gli altri oggetti personali della vittima. Ma nelle acque del litorale domizio-flegreo nessuna traccia del corpo che, considerate anche le buone condizioni meteo, sarebbe dovuto riemergere nel giro di poche ore. Poi, il 29 luglio, il macabro ritrovamento dei resti di Ruggiero in un garage di via Scarpetta, una volta adibito ad autolavaggio. Il cadavere era stato sezionato, cosparso di acido muriatico e in parte occultato sotto uno strato di cemento fresco. Altri resti erano sparsi nel garage e altri addirittura non sono stati finora trovati, tant’è che la famiglia della vittima attende ancora l’autorizzazione per celebrare il funerale di Vincenzo.
Durante il processo l’avvocato di Guarente, Dario Cuomo, ha riferito che il suo assistito, quand’era minorenne e frequentava le scuole elementari di Ponticelli, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, sarebbe stato vittima di un sacerdote già accusato di pedofilia. L’avvocato avrebbe raccolto le testimonianze di altre vittime del prete che erano a conoscenza delle violenze subite da Guarente. Violenze mai denunciate ma che gli avevano provocato un grave trauma che, secondo la difesa del presunto killer, potrebbero essere alla base dell’efferato delitto compiuto quel tragico venerdì sera.