In due mesi erano riusciti a fare arrivare in Italia, dal Marocco, 3.500 chili di hashish, che immessi sul mercato avrebbero fruttato 7 milioni di euro. Ma il progetto di diventare trafficanti internazionali è naufragato, scontratosi con le indagini della Squadra mobile di Bologna. I poliziotti, questa mattina all’alba, hanno eseguito 18 misure cautelari (9 in carcere, 6 ai domiciliari e 3 obblighi di firma) per altrettanti componenti del sodalizio che, nel 2014, aveva organizzato le due missioni via mare dal Marocco, destinate a rifornire la penisola, ma intercettate dagli investigatori. Contestualmente, grazie al lavoro della Direzione investigativa antimafia, ai cinque vertici del gruppo sono stati sequestrati beni per 2 milioni. 22 le perquisizioni effettuate stamattina, una delle quali, a Reggio Emilia, ha portato al sequestro di altri 400 grammi di fumo e a un arresto in flagranza.
La lunga indagine ha preso il via nel 2012, quando la Dia e la Squadra mobile di Milano effettuarono un sequestro di una tonnellata di hashish, identificando un bolognese, in seguito uscito dall’indagine, che portò gli inquirenti a investigare nel capoluogo emiliano. Un team di trafficanti che si muovevano “come in una catena di montaggio, con procedimenti ben oliati” ha detto il capo della Squadra mobile di Bologna, Luca Armeni, nel corso della conferenza stampa, sottolineando: “Siamo riusciti però ad anticiparne le mosse, ad ascoltare tutte le conversazioni che facevano riferimento al complesso trasporto dal Marocco all’interno di un’imbarcazione con lo scafo modificato da artigiani lucchesi”.
Si arrivò così al secondo ingente sequestro, quello del 2 luglio del 2014, quando la polizia intercettò tre tonnellate di hashish sull’Arno: “Si trattava di un attracco privato dove si accedeva solo con un telecomando, – riferisce il commissario della narcotici Guido Quattrucci – quindi siamo stati costretti a organizzare un intervento via acqua comunicando a gesti, poiché l’imbarcazione era dotata di un potente jammer, che copriva per circa 200 metri tutte le onde radio, ma in realtà sapevamo cosa cercare”. La barca era stata già individuata nei cantieri di Lucca, quindi gli agenti andarono a colpo sicuro, scovando una botola e quindi una stanza ricavata nel vano motore, dove era stipato lo stupefacente. In quell’occasione gli arresti furono in totale cinque: tre a bordo dell’imbarcazione e due autisti di furgoni arrivati sul molo per fare il carico. La barca fu in seguito venduta all’asta come bene dello stato per 40mila euro.
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