Scontri in Libia: 47 morti in 8 giorni, evasi 400 detenuti

di Redazione

Continuano i combattimenti a Tripoli, dove, da giorni, è saltata la tregua tra le truppe legate al governo di unità nazionale, sostenuto dall’Onu, e quelle di milizie rivali. Ieri, 2 settembre, il consiglio presidenziale libico guidato da Fayez al Sarraj ha proclamato lo stato di emergenza in città. Abdel Rahim Al Kani, leader delle forze della Settima Brigata, milizia che sta avanzando dal sud della capitale ed è diretta al centro, ha dato notizia di un assalto sul quartiere di Abu Salim a Tripoli, celebre perché vi sorge il carcere dove il rais Muammar Gheddafi fece strage di oppositori nel 1996, quasi 1.300 i prigionieri massacrati a colpi di granate. Approfittando della confusione 400 detenuti sono evasi da un carcere a sud della città. Il governo italiano, intanto, ha smentito qualsiasi ipotesi di intervento dei corpi speciali.

La Settima Brigata, che fa capo alle tribù leali all’ex regime di Gheddafi e adesso vicine al generale Khalifa Haftar, “continuerà a combattere fino a quando le milizie armate non lasceranno la capitale e la sicurezza sarà ripristinata”, ha fatto sapere il leader Abdel Rahim Al Kani. “Noi non vogliamo la distruzione, ma stiamo avanzando in nome dei cittadini che non riescono a trovare cibo e aspettano giorni in coda per avere lo stipendio, mentre i leader delle milizie si godono il denaro libico”, ha continuato. Nei giorni scorsi la Brigata ha assunto il controllo di diversi quartieri a sud di Tripoli, in particolare lungo l’asse verso l’aeroporto, chiuso da giorni a causa dei violenti scontri consumati nella zona. Sarraj ha quindi dato mandato alla milizia Forza Anti Terrorismo di Misurata, guidata dal generale Mohammed Al Zain, di entrare nella capitale per organizzare un nuovo cessate il fuoco e far terminare le violenze nella periferia sud della capitale.

Al momento il bilancio degli scontri, comunicato dal ministero della Salute del Governo di accordo nazionale, è di 47 morti e 129 feriti. Il Corriere della Sera, invece, parla di 200 morti. Nella sera di domenica, 15 persone hanno perso la vita dopo che un mortaio ha centrato un campo sfollati di Al Falah. L’ambasciata italiana a Tripoli, fa sapere la Farnesina, “resta operativa ma con una presenza più flessibile, che si sta valutando sulla base delle esigenze e della situazione di sicurezza”. Come riporta il Corriere della Sera, parte del personale dell’ambasciata è stato evacuato, insieme ad altri italiani impiegati da aziende in Libia (in particolare diversi tecnici dell’Eni). Attualmente, secondo il quotidiano, sei diplomatici restano a Tripoli, mentre l’ambasciatore si trova all’estero anche a causa delle pressioni ricevute dal generale Haftar all’inizio di agosto. Il governo ha intanto smentito la notizia di un possibile intervento italiano: “In relazione ad alcune notizie apparse sulla stampa odierna si smentisce categoricamente la preparazione di un intervento da parte dei corpi speciali italiani in Libia. L’Italia continua a seguire con attenzione l’evolversi della situazione sul terreno e ha già espresso pubblicamente preoccupazione nonché l’invito a cessare immediatamente le ostilità assieme a Stati Uniti, Francia e Regno Unito”, si legge in una nota di Palazzo Chigi.

Intanto, approfittando dei combattimenti in corso, circa 400 detenuti sono riusciti ad evadere da un carcere alle porte di Tripoli. Lo ha riferito la polizia libica. I detenuti hanno forzato le porte della prigione di Ain Zara, a sud della capitale, e sono fuggiti dopo aver sopraffatto le guardie che cercavano di fermarli. Un appello per fermare i combattimenti è arrivato dall’Unione europea: “Chiediamo a tutte le parti in Libia di cessare immediatamente le ostilità. Non c’è soluzione militare per la situazione in Libia, solo politica”, ha detto un portavoce della Commissione europea, aggiungendo: “L’escalation della violenza sta minando una situazione che è già fragile. La violenza porterà solo altra violenza a svantaggio dei libici”.

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