Aversa – Cambiare il nome di piazza Vittorio Emmanuele con quello di Anna Frank, simbolo della Shoah, per cancellare il nome di chi, per mancanza di polso, per debolezza o altro, spetta alla storia giudicare, è stato il simbolo di un’epoca di oppressione razziale, finalizzata a sterminare il popolo ebreo, assassinandolo nelle camere a gas. Questa l’iniziativa che parte da Franco Terracciano, uno dei redattori del periodico locale NerosuBianco in occasione dei vent’anni di vita della testata che viene distribuita gratuitamente ogni 15 giorni nella città di Aversa. Probabilmente l’obiettivo non è cancellare il ricordo di Vittorio Emanuele, su cui peserà per sempre la valutazione della storia, ma di quanto di negativo ha fatto non combattendo un’ideologia che fomentò l’odio razziale producendo l’assassinio di migliaia di esseri umani colpevoli semplicemente di appartenere al popolo ebreo.
Un’idea condivisibile ma, considerando la finalità, meglio sarebbe dedicare la piazza ad uno di quei personaggi, spesso misconosciuti, che hanno fatto la storia del periodo della soppressione di massa del popolo ebreo. Personaggi che hanno operato in prima persona, rischiando la pelle per salvare vite umane dalle camera a gas. Tra questi sicuramente va annoverato Giorgio Perlasca, commerciante italiano che, nel 1944, invece di ingrassare le tasche come avrebbero ed hanno fatto tanti altri approfittando del periodo di guerra, fingendosi console generale spagnolo salvò la vita a oltre 5mila ebrei ungheresi, evitando loro la deportazione e la probabile morte.
Dedicare la piazza a questo personaggio darebbe risalto maggiore all’idea lanciata da NsB perché, senza nulla togliere al valore del personaggio Anna Frank, chi ha operato mettendo a rischio la propria vita per salvare quella degli altri, e parliamo di oltre 5mila sconosciuti, merita di essere ricordato come Anna Frank, tra l’altro già ampiamente conosciuta nel mondo, che ha raccontato la storia della propria famiglia, formata da ebrei, costretta a nascondersi per salvare la propria vita, conclusa comunque nel campo di deportazione di Bergen Belsen. Sicuramente il suo diario ha contribuito a far conoscere un aspetto della persecuzione razziale nazista ma anche i fatti compiuti da Perlasca meritano di essere ricordati dalle generazioni di oggi che parlano di fascismo senza avere conoscenza della storia di quel periodo buio per l’intera umanità.