Tanta Italia nei discorsi di ringraziamento dei premiati della 75ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ma nessun italiano sul palco a ritirare un riconoscimento. Evidentemente, la giuria internazionale presieduta dal maestro messicano, già Leone d’Oro un anno fa e Premio Oscar per il suo “La forma dell’acqua”, Guillermo Del Toro non ha ritenuto all’altezza di entrare, anche solo facendo capolino, nel palmares almeno uno dei tre titoli nostrani in competizione. Nonostante gli strombazzamenti della vigilia, che davano per certa la presenza di Mario Martone con l’apprezzato “Capri-Revolution” o, forse, Luca Guadagnino con il controverso remake “Suspiria” nella Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido per ritirare un piccolissimo alloro, nulla di ciò è poi avvenuto.
Si torna a casa a mani vuote, quindi, ma con la certezza di aver assistito a una rassegna di alto livello, che, come spesso accade negli ultimi anni, spiana la strada verso gli Oscar hollywoodiani a parecchi lungometraggi, registi, sceneggiatori, interpreti in concorso. A cominciare dal vincitore, il connazionale di Del Toro, Alfonso Cuaròn, già premio Oscar per “Gravity”, che con il suo realistico affresco in rigoroso bianco e nero sul Messico degli anni Settanta intitolato “Roma” ha incantato tutti i giurati, portando il primo film targato Netflix sul gradino più alto del podio di un festival internazionale.
Ma il vero vincitore morale della kermesse è apparso, senza dubbio, il riuscito prodotto internazionale in costume “The Favourite” diretto dal greco Yorgos Lanthimos, che si è guadagnato il Gran Premio della Giuria e la Coppa Volpi alla migliore attrice, la britannica Olivia Colman. Perfetta nel ruolo della Regina Anna Stuart ha battuto la concorrenza delle sue agguerrite coprotagoniste Emma Stone e Rachel Weisz, candidandosi a sicura nomination ai prossimi Academy Award. Come certa sarà anche la presenza, nella Notte delle Stelle di Hollywood, del miglior attore della rassegna lagunare, l’americano Willem Dafoe, gloria del cinema internazionale da almeno un quarantennio e, qui, insignito del trofeo per la magnifica immedesimazione nei panni del pittore olandese Vincent Van Gogh, ritratto con elegante vigore estetico da Julian Schnabel in “At Eternity’s Gate”.
La lista dei premiati è completata dagli unici due western in cartellone, il francese Jacques Audiard, miglior regista per “The Sisters Brothers” e gli statunitensi Joel & Ethan Coen, miglior sceneggiatura per “The Ballad of Buster Scruggs”. Citazione a parte merita il Premio Speciale della Giuria consegnato all’australiana Jennifer Kent, sola cineasta in concorso vittima tra l’altro di insulti sessisti durante la conferenza stampa, che ha raccontato con il crudo “The Nightingale” la storia della vendetta di una ragazza vittima di violenza nei confronti dei suoi aguzzini. In periodi di “metoo” tutto fa brodo e anche un’opera disturbante, ma non certamente indimenticabile, acquisisce, quasi d’obbligo, il diritto d’inclusione in un verdetto, per altri versi, equilibrato e, ampiamente, condiviso da stampa e pubblico.