Bologna, truffa su fondi per energie rinnovabili: beni per 1 milione sequestrati a imprenditore

di Redazione

 I finanzieri del comando provinciale di Bologna, su disposizione del gip Francesca Zavaglia, hanno dato esecuzione ad una misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore bolognese, A.M., 53 anni, reo di aver posto in essere una truffa finalizzata percepire indebitamente contributi pubblici destinati a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sequestrati disponibilità bancarie, beni mobili ed immobili per quasi 1 milione di euro, pari al valore dell’importo delle somme illecitamente ottenute.

L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Antonella Scandellari e condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, trae origine dall’approfondimento di alcune segnalazioni per operazioni sospette, pervenute alle Fiamme gialle felsinee dal circuito bancario, da cui emergeva come l’imprenditore, nonostante fosse stato inabilitato all’esercizio di qualsiasi attività commerciale a seguito delle condanne riportate nell’ambito del noto procedimento penale relativo al fallimento “Uni Land”, stesse continuando ad amministrare società per conseguire illeciti guadagni servendosi della collaborazione del coniuge e di una fidata professionista del posto, anch’esse indagate.

Grazie anche all’esame della documentazione e dei messaggi di posta elettronica acquisiti nel corso di alcune perquisizioni, è stato accertato come attraverso una di queste società, operante nel settore delle energie rinnovabili, fosse stata messa in piedi una frode per ottenere indebitamente dal Gestore dei Servizi Energetici incentivi pubblici per circa 1 milione di euro dichiarando falsamente, attraverso l’utilizzo di atti appositamente artefatti, di avere messo in esercizio un impianto fotovoltaico situato in Monghidoro quando in realtà non era stato ancora completato e nemmeno era idoneo ad entrare in funzione. L’accusa di autoriciclaggio è scaturita, invece, dal fatto che una parte delle somme ottenute indebitamente sono state poi dirottate a società lussemburghesi estranee alla compagine societaria dell’azienda italiana, a titolo di “rimborso finanziamento soci”, nonostante il fatto che tali società non vantassero alcun credito.

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