I carabinieri hanno arrestato anche il quarto componente della banda che mercoledì scorso ha fatto irruzione in un casolare alla periferia di Copertino (Lecce), di proprietà di Paolo Panzanaro, aggredendo quest’ultimo e sparando colpi di pistola. Si tratta di Toni Saponaro, 42enne di Carmiano, raggiunto oggi da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Lecce.
In precedenza, nella serata di martedì, erano stati già arrestati Bruno Guida, 42enne di Leverano, Giuseppe Vadacca, 43enne di Carmiano, e Matteo Niccoli, 22enne di Carmiano. Nei loro confronti il gip Carlo Cazzella, al termine dell’udienza, non ha convalidato l’arresto (non ritenendo che vi fossero i presupposti per la flagranza di reato), ma ha confermato la custodia cautelare in carcere, ritenendo che vi siano, oltre alle sigenze cautelari, gravi indizi di colpevolezza per il reato, in concorso, di detenzione illegale e porto di arma da fuoco, lesioni personali e tentato omicidio. Per quest’ultima contestazione il giudice ha ritenuto necessari ulteriori approfondimenti per stabilire la dinamica degli spari, e cioè se siano stati esplosi verso la vittima, che ha dichiarato di aver schivato i colpi.
All’origine, stando alle risultanze investigative, c’era il furto di una piccola quantità di marijuana compiuto dal figlio 20enne di Panzanaro una settimana prima: il giovane si era imbattuto casualmente in tre serre di marijuana nelle campagne tra Leverano e Carmiano. Solo dopo averne raccolta un po’ si è accorto che alcune telecamere lo avevano immortalato. Il giorno dopo il furto Guida si recava in casa di Panzanaro chiedendo che gli venisse restituita la marijuana rubata nelle sue serre. Nonostante la restituzione di parte della droga, scattava ugualmente la spedizione punitiva: Vadacca, Niccoli, Saponaro e Guida ritornavano da Panzanaro per chiedere la restituzione della droga e, su incitazione dello stesso Guida, Niccoli estraeva la pistola da cui partivano due colpi che però non andavano a segno. Saponaro, come gli altri, veniva riconosciuto dalle vittime tramite i fotogrammi delle telecamere di sorveglianza del casolare.
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