A sei mesi dall’omicidio di Angelo Carità a Licata è stato individuato e fermato il presunto killer. Si tratta di Orazio Rosario Cavallaro, sessantunenne di Ravanusa. Per lui i carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato per omicidio emesso dalla Procura. Gli inquirenti ritengono che l’uomo sia l’esecutore materiale dell’omicidio di Carità, 61 anni, ucciso a Licata la mattina di Pasquetta di quest’anno in un agguato a colpi di arma da fuoco. “Cavallaro ha agito su commissione, è stato un killer pagato da qualcuno oppure ha ucciso per ricambiare un favore”, ha detto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio durante la conferenza stampa.
Carità lo scorso 2 aprile era stato raggiunto in un stradina in aperta campagna, lo avevano freddato in pieno giorno il lunedì di Pasquetta. Angelo Carità, 61 anni, era un imprenditore agricolo, che era stato ucciso poco dopo essere salito in macchina in via Palma a Licata. Era stato condannato all’ergastolo dalla Corte di assise di Agrigento, perché accusato di avere ucciso un conoscente, Giovanni Brunetto, di tre anni più giovane, e sotterrato il suo cadavere nel maggio del 2013. Su istanza degli avvocati Vincenza e Nino Gaziano, Carità era però libero per decorrenza dei termini cautelari.
I carabinieri della locale compagnia e del reparto operativo provinciale, sin da subito, coordinati dalla Procura di Agrigento, hanno indirizzato le indagini su alcune immagini video, ottenute da vari esercizi commerciali ubicati nei pressi del luogo del delitto. Immagini in cui si sono potute scorgere le fasi concitate dello spietato agguato, nel corso del quale il killer, giunto a piedi ed indossando un giubbotto, aveva esploso il colpo di grazia alla vittima. L’analisi di un imponente quantitativo di materiale video acquisito, ha consentito di ripercorrere il tragitto compiuto dalla vittima negli attimi precedenti all’omicidio. In particolare, gli investigatori dell’Arma sono riusciti ad evidenziare un’auto usata, sia a pedinare per un breve tratto di strada la vittima, sia ad effettuare alcuni passaggi presso l’abitazione della stessa.
La successiva perquisizione domiciliare effettuata nei confronti del sospettato, in quanto utilizzatore di tale veicolo, ha permesso poi di scovare un giubbotto, abilmente occultato e simile a quello indossato dal killer, riportante sulla manica destra delle piccole macchie di sangue. I conseguenti esami di laboratorio svolti dagli specialisti dei carabinieri del Ris di Messina hanno confermato che le macchie sul giubbotto in questione, altro non erano che tracce ematiche riconducibili alla vittima dell’omicidio. E pertanto, all’alba, una decina di carabinieri, supportati anche da unità cinofile, hanno cinturato l’abitazione di Cavallaro, sorprendendolo ancora nel sonno, facendo scattare le manette ai suoi polsi con l’accusa di omicidio volontario” e porto abusivo di arma da fuoco, in esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto” emesso dalla Procura di Agrigento. Risultano indagate per favoreggiamento la moglie di Cavallaro, ed anche la figlia.
All’iscrizione nel registro degli indagati si è giunti dopo che, nel corso delle indagini, entrambe le donne avrebbero fornito – secondo gli inquirenti – una versione di comodo per favorire Cavallaro. Infatti, l’auto utilizzata per compiere l’omicidio appartiene proprio a Giovanna Brancato la quale interrogata ha detto ai carabinieri di essere stata nella zona del delitto, senza il marito, per sue faccende personali indicando inoltre di essere stata in compagnia della figlia Veronica. Versione confermata da quest’ultima. Inutile dire che gli inquirenti non hanno creduto ad una sola parola di quanto narrato. Ed è scattata l’iscrizione per favoreggiamento.
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