Strage di San Marco in Lamis: arrestato uno dei killer

di Redazione

Giovanni Caterino, 38 anni, è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver partecipato alla strage di San Marco in Lamis (Foggia) in cui il 9 agosto 2017 furono uccise con colpi di kalashnikov quattro persone. In manette anche un altro indagato, Luigi Palena, 48 anni, accusato di altri reati.

Nell’agguato morirono due contadini innocenti, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, di 47 e di 43 anni, colpevoli soltanto di aver assistito involontariamente all’uccisione del boss Mario Luciano Romito e di suo cognato, Matteo De Palma: per questo furono inseguiti e fucilati. Erano almeno in tre i sicari, a bordo di due macchine, e a guidarli – secondo la Direzione distrettuale antimafia di Bari guidata da Giuseppe Volpe – c’era Giovanni Caterino, ritenuto vicino al clan Li Bergolis in lotta da anni con la famiglia Romito. E’ stato arrestato su ordine del gip del Tribunale di Bari per concorso in omicidio con l’aggravante del metodo mafioso. La strage rientra nella cosiddetta “faida del Gargano”, che anche nella zona di San Marco in Lamis vede il clan Romito contrapposto ai Li Bergolis per il controllo dei traffici illeciti.

“Finalmente una rottura nel muro di omertà che da sempre contraddistingue quel territorio” sta dando “inizio ad un nuovo corso nella lotta alla criminalità organizzata della provincia di Foggia, in questa come in altre indagini”. E’ uno degli aspetti evidenziati dagli inquirenti della Dda di Bari. “Si è aperta una piccola frattura – ha detto il procuratore aggiunto che coordina la Dda, Francesco Giannella – che costituisce una assoluta novità” nelle indagini sulla criminalità foggiana, in cui “c’è anche il contributo di persone che stanno collaborando”.

Importanti elementi indiziari sono stati acquisiti, sin dall’inizio delle indagini, nell’ambito di una innovativa cooperazione internazionale, che ha coinvolto anche Eurojust. Infatti, nel corso di altre indagini condotte sempre della Dda di Bari ed affidate all’Arma di Barletta, era emersa, grazie alla brillante intuizione dei militari, la possibile implicazione nella strage di Saverio Tucci, anch’egli manfredoniano, soprannominato “Faccia d’Angelo”, in passato coinvolto nel processo alla mafia garganica denominato “Iscaro Saburo”, nel cui ambito veniva condannato per traffico di droga. Due mesi dopo la strage, il 10 ottobre, Tucci è stato ucciso ad Amsterdam da Carlo Magno, un manfredoniano che da anni viveva facendo la spola tra la città olandese e Manfredonia.

Lo stesso Magno, il 12 ottobre 2017, si è presentato alla polizia olandese con un avvocato per costituirsi, sostenendo di aver ammazzato Tucci, di cui ha fatto immediatamente trovare il cadavere, occultato in una valigia all’interno di una autovettura che lui aveva in uso. La sensazione che i rapporti tra Tucci (di cui già si ipotizzava un ruolo nel quadruplice omicidio) e Magno potessero condurre ad aprire un varco nelle indagini sulla strage di Apricena induceva i magistrati della Dda, in primis lo stesso Procuratore Volpe – con l’eccezionale contributo di Eurojust – a intessere rapporti con le autorità olandesi, che aderendo alla richiesta di trasferimento in Italia del caso giudiziario (il cui processo pertanto si celebrerà in Italia), hanno consegnato Magno nelle mani della magistratura italiana, dinanzi alla quale ha iniziato un percorso di collaborazione.

Magno, nel corso di vari interrogatori, ha ripetutamente riferito agli inquirenti che Tucci gli aveva svelato di aver fatto parte del gruppo che aveva ucciso Mario Luciano Romito, confermando dunque l’ipotesi investigativa. E’ apparso, allora, chiaro il senso di alcune affermazioni fatte nel corso di intercettazioni proprio da Caterino, quando – dopo il quadruplice omicidio e dopo aver subito un tentato di agguato nel febbraio scorso – includeva sé stesso e Tucci tra gli obiettivi prioritari del clan Romito.

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