Il clan dei casalesi era in stretti rapporti con gli imprenditori coinvolti nell’inchiesta “The Queen” sulle connivenze tra camorra, imprenditoria e Pubblica amministrazione tra le province di Napoli e Caserta. Un sistema, quello, secondo l’accusa, messo in piedi dall’ingegner Guglielmo La Regina (da cui il nome dell’indagine, tradotto in inglese, “The Queen”), che prevedeva che le commissioni chiamate a decidere sulle gare pubbliche fossero composte in base alle “esigenze” di politici e camorristi. Fondamentale era anche il ricorso ai subappalti.
Ora, mentre è in corso il processo, con 45 imputati tra politici, professionisti e funzionari pubblici, spuntano le prime rivelazioni di Nicola Schiavone, figlio primogenito del “capo dei capi” del clan dei casalesi, Francesco Schiavone, alias “Sandokan”, che la scorsa estate ha deciso di collaborare con la giustizia. Quattro i nomi fatti dall’ex boss, relativi a quattro imputati nel processo: Antonio Bretto, Rino Dimola, Pasquale Garofalo e Mario Martinelli. Il deposito dei verbali è avvenuto ieri nel corso dell’udienza preliminare che si sta svolgendo davanti al gup Linda Comella da parte del pm Maurizio Giordano.
A proposito di Bretto, Nicola Schiavone racconta: “I fratelli Bretto, almeno fino al 2010, non hanno avuto grazie a me personalmente dei lavori. Ricordo che conducevano anche un tenore di vita abbastanza modesto negli anni Novanta. Per farvi un esempio, la fidanzata di uno dei due, sorella di Luigi Scalzone, vendeva in nero abiti in casa, il che era difficilmente compatibile con un tenore di vita agiato. Ricordo, però, che a partire dagli inizi degli anni Duemila i due Bretto cominciarono a crescere dal punto di vista imprenditoriale aggiudicandosi diversi appalti pubblici. Seppi che questi imprenditori stavano crescendo perché in quel periodo cominciarono a versare nelle casse del clan la quota per i lavori che si aggiudicavano”.
“Nel momento in cui questi imprenditori sono entrati in contatto con noi – ha sottolineato Schiavone junior – hanno fin dall’inizio dato la loro disponibilità ad appoggiare imprese che noi avremmo indicato o ad essere aggiudicatarie di lavori nel Casertano. In sostanza, ci chiesero, a me in particolare per il tramite dei miei uomini, di entrare a far parte di quelle imprese disponibili ai nostri interessi. Così è stato, nel senso che io ho sempre saputo di poter contare su queste imprese”. Su Mario Martinelli, invece, riferisce: “E’ un imprenditore che ha sempre vissuto accanto alla famiglia Garofalo ed è sempre stato un interlocutore privilegiato per noi del clan. Appartiene, cioè, a quelle categorie di imprenditori collusi con noi del clan dei casalesi”.
In carcere dal maggio 2010, Nicola Schiavone sta scontando al 41 bis gli ergastoli avuti per cinque omicidi, ovvero per il triplice omicidio di Francesco Buonanno, Modestino Minutolo e Giovan Battista Papa, tre affiliati al clan uccisi per uno ‘sgarro’ a Villa di Briano, e per il duplice omicidio Salzillo-Prisco, avvenuto nel marzo 2009 a Cancello e Arnone; quest’ultimo episodio fece scalpore perché una delle vittime, Antonio Salzillo, era nipote del fondatore del clan dei Casalesi Antonio Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988. La collaborazione di Schiavone junior potrebbe aprire scenari importanti, soprattutto sul fronte dei legami tra clan e politica. Essendo stato per un decennio a capo della cosca dopo l’arresto del padre, avvenuto nel luglio 1998, sarebbe a conoscenza di molti segreti relativi agli affari dell’organizzazione criminale. Prima di lui, nel 2014, ha deciso di collaborare con la giustizia un altro boss di primo piano, Antonio Iovine, alias “O Ninno”, arrestato nel 2010 dopo 14 anni di latitanza.