Antonio Moretti, imprenditore aretino nel campo delle moda e del vino, con la celebre Tenuta Sette Ponti, insieme al figlio Andrea Moretti, a Marcello Innocenti, ragioniere del gruppo, e Paolo Farsetti, responsabile della linea di abbigliamento, sono stati sottoposti agli arresti domiciliari dalla Guardia di Finanza di Arezzo, nell’ambito di un’inchiesta su reati tributari, bancari, fallimentari e di riciclaggio. Altre nove persone sono state destinatarie di misure interdittive. 16, complessivamente, gli indagati. E’ stato anche disposto il sequestro preventivo delle quote di 14 società e di beni, mobili ed immobili, per un valore complessivo di circa 25,5 milioni di euro.
L’indagine trae origine dall’attività di ricerca informativa e dall’analisi dei flussi finanziari anomali, in base ai quali è stato ricostruito lo schema utilizzato da anni dal gruppo che consisteva nel portare aziende tessili a ben posizionarsi sul mercato di riferimento per poi avviarle, in mano a prestanome, alla decozione senza corrispondere imposte e contributi e non rientrando dagli affidamenti ricevuti dal sistema bancario. Le società fallite venivano rimpiazzate da altri soggetti economici e le disponibilità sottratte venivano poi fatte confluire in un nuovo assetto patrimoniale ed imprenditoriale, diversificato anche in altri settori – immobiliare, turistico, vitivinicolo – e schermato con l’interposizione artificiosa di entità giuridiche di diritto estero.
Le investigazioni sono state condotte contestualmente, in modo coordinato, sul piano giudiziario e su quello amministrativo, con l’esecuzione di verifiche fiscali, consentendo di appurare l’esistenza di perduranti condotte penalmente rilevanti poste in essere da soggetti alcuni dei quali già condannati in passato per reati tributari e dichiarati falliti dal Tribunale di Arezzo. Risulta un’unica cabina di regia dietro la conduzione illecita di affari, ben espressa dal tenore delle conversazioni intercettate. Sull’assetto societario sono stati fatte gravare nel tempo anche ingenti spese personali relative a viaggi e alla disponibilità di beni di lusso (tra cui un aereo privato ed un’imbarcazione). Negli ultimi quattro anni sono state individuate spese per circa cinque milioni di euro a fronte dell’omessa dichiarazione di redditi in Italia grazie all’artificioso spostamento della residenza all’estero da parte di alcuni degli indagati.
Il patrimonio posto sotto sequestro, al netto delle passività finanziarie esistenti, è stato valutato in oltre venticinque milioni di euro e ricomprende 14 società, 179 immobili (tra cui il Palazzo Bianca Cappello di Firenze), diverse auto di lusso con targa estera, un maneggio con quaranta cavalli, oltre 500 ettari di terreni, prevalentemente adibiti a vigneti, dislocati tra Toscana (la Tenuta Sette Ponti di Castiglion Fibocchi), Sicilia (il Feudo Maccari di Noto) ed Emilia Romagna, insieme il marchio Pull Love, i cui negozi, essendo in franchising, non sono toccati dall’inchiesta. Le indagini hanno potuto basarsi anche sul contributo di analisi dell’Uif della Banca d’Italia.
Uno degli indagati ha tentato di “avvicinare” i finanzieri impegnati nelle verifiche fiscali e la loro linea gerarchica. Queste condotte sono state costantemente riferite agli investigatori, che hanno avuto modo di rilevare l’impermeabilità rispetto ai tentativi in questione, nonché ha fortemente apprezzato l’estrema efficienza e capacità con cui l’indagine è stata condotta dalla Guardia di finanza. Del resto, il tentativo di inquinamento probatorio è emerso nella sistematica propensione, da parte degli indagati, ad alterare le scritture amministrativo contabili, anche mediante il loro occultamento, la loro distruzione o la formazione ad hoc di documenti. Ci si è trovati di fronte ad un quadro sintomatico di inquinamento delle prove, rispetto a condotte che il tribuanle ha considerato “gravi, reiterate e stratificate”, poste in essere da soggetti connotati da “elevata spregiudicatezza, elevata professionalità nel crimine e forte antisocialità”.