Erano state avviate il 15 ottobre dello scorso anno le indagini che hanno portato oggi i carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Serra San Bruno, supportati nella fase esecutiva dai militari delle Stazioni di Soriano Calabro e Vazzano, ad eseguire tre provvedimenti cautelari agli arresti domiciliari nei confronti di tre indagati, rispettivamente padre e figli, per il reato di estorsione aggravata continuata, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto abusivo di pistola.
Arrestati Giuseppe Donato, 50 anni, ed i suoi due figli Salvatore Donato, 24 anni, e Peppino Donato, 20 anni, ponendo così fine a minacce di morte che si protraevano da anni per un terreno conteso (700 metri quadri in contrada Cerasara), con il diritto di proprietà su un fondo agricolo che non poteva essere esercitato dall’avvocato Rosario Lopreiato che si è trovato nell’impossibilità oggettiva di poterlo lavorare e vendere. Il 15 ottobre 2017, quindi, nella frazione Sant’Angelo di Gerocarne, durante la notte, è stato appiccato un incendio ad un capannone di una persona residente. Da lì sono subito scattate le indagini poste in essere mediante l’acquisizione dei filmati di videosorveglianza e grazie alle informazioni assunte sia nell’immediatezza dai militari della Stazione di Soriano Calabro sia in seguito dai carabinieri del Norm di Serra San Bruno.
Le indagini hanno consentito di raccogliere utili risultanze investigative in capo a Salvatore Donato e Peppino Donato, due fratelli con precedenti di polizia, in relazione all’incendio del capannone ove erano custoditi, oltre ad alcuni capi di bestiame, un trattore utilizzato il giorno stesso per lavorare all’interno di un fondo agricolo sito in contrada Cerasara di Sant’Angelo di Gerocarne. Ed è stato proprio questo l’elemento che ha indirizzato le indagini: di fatto gli inquirenti sono riusciti a riscostruire una vicenda che andava avanti già da tempo in relazione alla proprietà di questo fondo agricolo. Il fondo in questione, di proprietà dell’avvocato vibonese Rosario Lopreiato, era da tempo oggetto di attenzioni da parte della famiglia Donato che cercava di impossessarsene con minacce e pressioni indirizzate al proprietario del fondo e a tutti i soggetti che si recavano nello stesso per lavorarlo.
I militari dell’Arma, quindi, hanno ricostruito le intimidazioni nei confronti dell’avvocato vibonese più volte minacciato di morte anche mediante l’utilizzo di una pistola indebitamente detenuta. Tali minacce (comprensive di colpi d’arma da fuoco verso il cancello della proprietà ed alcuni bidoni di acqua), che sono iniziate nel 2015 e si sono protratte sino ad oggi, sono state indirizzate sia all’avvocato e sia a tutte le persone che di volta in volta venivano individuate dal legittimo possessore del fondo per recarsi nel terreno conteso. L’atteggiamento intimidatorio adottato dai due figli e dal padre, Donato Giuseppe, pregiudicato, era volto a far desistere, oltre al proprietario del fondo stesso, tutti i potenziali acquirenti del terreno e non in ultimo, il proprietario del capannone incendiato.
Non è un caso, infatti, secondo gli inquirenti, che oggetto del danneggiamento seguito da incendio del 15 ottobre 2017 sia stato proprio il trattore utilizzato il giorno precedente per completare i lavori nel fondo agricolo dell’avvocato. Da qui l’accusa per i tre Donato che si sarebbero procurati un ingiusto profitto consistente nel possesso ed utilizzo del fondo ai fini del pascolo con conseguente danno per il legittimo proprietario che non avrebbe potuto esercitare liberamente il suo diritto di proprietà. Tale vicenda trae origine, storicamente, già dai primi anni 2000 quando tale terreno era già oggetto di contesa tra il legittimo proprietario e la famiglia Donato. Il 23 giugno 2010 si era registrato un tentativo di omicidio posto in essere da Giuseppe Donato (reato per il quale è stato condannato con pena definitiva), insieme al padre Salvatore ed al fratello Francesco nei confronti dell’avvocato Rosario Lopreiato, legittimo proprietario del terreno agricolo. Decisive ai fini dell’indagine (coordinata dal pm Concettina Iannazzo) le intercettazioni ma soprattutto la collaborazione delle vittime.
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