Associazione per delinquere di tipo mafioso. E’ il reato contestato a Leo Sutera con la misura cautelare, emessa dal gip di Palermo, su richiesta della Dda, notificata nel reparto detenuti dell’ospedale “Civico” di Palermo dove si trova attualmente. Sutera, 68 anni, è ritenuto dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione mafiosa dell’Agrigentino.
Altre tre le misure cautelari in carcere, eseguite dal Servizio centrale operativo e dalle Squadre mobili di Palermo e Agrigento, nei confronti di Giuseppe Tabone, 53 anni; Maria Salvato, 55 anni, e Vito Vaccaro di 57 anni, per favoreggiamento personale aggravato dall’avere agevolato l’attività di Cosa Nostra. Sutera, ritenuto nella cerchia delle persone in contatto con Matteo Messina Denaro, era stato arrestato il 28 ottobre per un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo.
L’indagine era iniziata nel 2015. Secondo la Questura di Agrigento, Sutera avrebbe “impartito direttive attraverso la costante partecipazione a riunioni ed incontri con gli altri associati e presieduto a tutte le relative attività ed affari illeciti, curando la gestione delle interferenze nella realizzazione delle opere oggetto di appalti ed opere pubbliche, nonché assicurando il collegando con altre articolazioni territoriali di Cosa Nostra”.
Il boss di Sambuca di Sicilia, secondo quanto emerge dall’inchiesta, avrebbe potuto contare sull’apporto di Giuseppe Tabone, Maria Salvato e Vito Vaccaro “particolarmente attivi nell’aiutare il capomafia – ricostruisce la questura di Agrigento -, aiutandolo ad eludere le indagini, salvaguardandone gli spostamenti e la comunicazione”. Tabone e Salvato lo avrebbero tenuto costantemente informato dell’esistenza di telecamere e di possibili attività investigative nei suoi confronti, mentre Vaccaro avrebbe anche messo a sua disposizione mezzi e risorse, tra cui un immobile da destinare ad incontri riservati.
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