“Papà mi hai mentito”. Fonti del Movimento 5 Stelle alla Camera dei deputati raccontano di una lite tra Luigi Di Maio e il padre Antonio, dopo il nuovo servizio de “Le Iene” sugli operai in nero nella ditta di famiglia, la “Ardima”. Non solo Salvatore Pizzo, ci sarebbe altri tre che avrebbe lavorato irregolarmente, fra i quali uno che avrebbe anche fatto causa ad Antonio Di Maio per farsi pagare le ore effettuate in nero. Un contenzioso giudiziario ancora in corso, quando la società venne donata da Antonio Di Maio ai figli Luigi e Rosalba.
Oltre a Pizzo, gli altri operai che avrebbe lavorato in nero sono Mimmo, per tre anni, Giovanni, per otto mesi, e Stefano, che addirittura si sarebbe dato alla “fuga” in occasione di un controllo dell’Ispettorato del lavoro. Ma i dubbi, ora, ruotano attorno anche allo stesso Luigi Di Maio che, come da lui più volte affermato, in passato aveva lavorato qualche volta come muratore nell’impresa del padre. “Può esibirci i contratti dell’epoca?”, gli ha chiesto la iena Filippo Roma. E Di Maio: “I versamenti sì, sicuramente, sono stato inquadrato”.
Ieri, nello studio del programma “Dimartedì” condotto da Giovanni Floris, il vicepremier ha rassicurato: “Esibirò le carte”, confermando che lui era stato all’epoca regolarmente inquadrato nella ditta del padre. E proprio Antonio Di Maio, al programma “Stasera Italia” di Rete4, ha mostrato un faldone di documenti: “Avrete tutto”, dice. Ma la vicenda ha scosso non poco il leader dei cinquestelle, tanto da annunciare la chiusura dell’azienda di famiglia, entro questo anno, anche perché sarebbe ormai ferma da tempo.
Oltre alla vicenda del lavoro, sulla ditta di Antonio Di Maio ci sono altri punti da chiarire, come i magazzini collocati su un terreno di famiglia a Mariglianella e una cartella Equitalia da 172mila euro che pende sulla stessa proprietà. A gettare benzina sul fuoco arriva anche una bufala fatta circolare sul web per denigrare il servizio de Le Iene. Un’immagine che mostra Salvatore Pizzo, l’operaio che ha denunciato per primo di aver lavorato in nero nella ditta dei Di Maio, come candidato del Pd toscano nel 2014. In realtà si trattava di un esponente locale del Pd, Leonardo Marras, che somiglia a Pizzo ma che è completamente estraneo ai fatti.