Arturo Della Corte, fratello di Adriano Della Corte, ucciso per sbaglio, a soli 18 anni, nel luglio 1984 dal clan dei casalesi, mentre era in auto a Castel Volturno, è per la terza volta davanti alla sede del Ministero degli Interni, a Roma, perché vuole essere ascoltato. Adriano era un giovane incensurato e fu assassinato con le modalità di un’esecuzione mafiosa. Forse perché la sua auto era simile a quella del nipote del boss Antonio Bardellino. Le indagini, all’epoca, furono chiuse in fretta secondo i familiari, che da aspettano giustizia. L’istanza presentata per veder riconosciuto il fratello Adriano come vittima innocente della camorra è stata rigettata dagli uffici del Ministero dell’Interno perché ritenuta “tardiva”.
“Tardi per dire che un ragazzo di 18 anni fu ucciso senza avere alcuna colpa?”, si chiedono dal Comitato Don Diana che interviene nella vicenda. “Ci hanno insegnato a non stare zitti – dicono dal comitato intitolato al sacerdote di Casal di Principe ucciso dalla camorra nel 1994 – e a non girarci dall’altra parte ed è per questo motivo che non lo faremo, anche oggi, dinanzi alla richiesta di essere ascoltato di un familiare di vittima innocente della criminalità organizzata. Non preoccuparsi di chi è morto da innocente, incoraggiando fiducia nella giustizia e negli apparati dello Stato è sbagliato e contravviene a qualsiasi spirito solidaristico che mai dovrebbe mancare nelle leggi”.
Lo scorso settembre il Comitato Don Diana ha scritto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio. A novembre altrettanto è stato fatto indirizzando due missive al Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, e al presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra. “Speriamo – sottolineano dal comitato – che sia giunto il momento di prendere in considerazione le richieste presentate e di non lasciare che le vittime innocenti, con i loro familiari, vengano dimenticate”.
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