I finanzieri del comando provinciale di Roma, all’esito di indagini coordinate dalla Procura capitolina, hanno dato esecuzione ad una misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’immobiliarista Giuseppe Statuto, 51 anni, originario di Aversa (Caserta) ma da tempo trasferito nel Nord Italia, e del suo fidato collaboratore Massimo Negrini, 64 anni, ritenuti responsabili della bancarotta fraudolenta della “Brera srl”.
Statuto è noto alle cronache per vicende che lo hanno visto protagonista per rilevanti iniziative speculative, soprattutto nel settore immobiliare. A fronte della crisi di tale comparto, il gruppo Statuto – cui fanno capo centinaia di imprese – ha orientato il proprio business, nel tempo, verso la gestione di alberghi di lusso nelle città di Venezia, Milano e Taormina. Dagli approfondimenti investigativi condotti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, è emerso che gli arrestati hanno distratto dal patrimonio della fallita oltre 8 milioni di euro, relativi a un credito vantato verso la società controllante, la “Michele Amari srl”, trasferendolo fittiziamente a due società con sede in Lussemburgo appartenenti allo stesso gruppo e rendendolo – come si legge nel provvedimento – “di fatto irrecuperabile, mediante un complesso intreccio di negozi giuridici fraudolenti, indice dell’elevata professionalità degli indagati”.
In particolare, il credito, inizialmente costituito da somme giacenti su un rapporto di conto corrente cointestato alla “Brera” e alla “Michele Amari”, è stato trasformato in un finanziamento fruttifero infragruppo concesso, in successione, a due persone giuridiche anonime lussemburghesi con una situazione economico-patrimoniale estremamente compromessa. Tale condotta non è stata occasionale o sporadica – sottolinea il giudice nell’ordinanza – in quanto rientrante in un più ampio disegno criminoso attuato dagli indagati mediante la “creazione di società a mero scopo speculativo, le quali sono state sistematicamente ed in maniera preordinata portate al fallimento, come di fatto sta avvenendo per numerose società del ‘gruppo Statuto’”. I fatti contestati ai due indagati, i quali, allo scopo di impedire agli investigatori di risalire alle proprie responsabilità, hanno occultato parte della documentazione contabile, hanno provocato il dissesto e il successivo fallimento della “Brera”, dichiarato nel 2016, con un passivo pari a oltre 32 milioni di euro, gran parte dei quali nei confronti del Fisco.
Per il gip di Roma Flavia Costantini il pericolo di commettere altri reati di bancarotta è “concreto ed attuale”: siamo in presenza, scrive il giudice, di personalità “negative” e “spregiudicate” di “entrambi gli indagati”. Nel motivare il provvedimento restrittivo il giudice scrive che si tratta di condotte “assolutamente non occasionale o sporadica, ma programmata e protratta nel tempo, sin dalla costituzione della società che era verosimilmente già destinata al default. Si tratta di condotte che senza dubbio hanno impatto negativo sull’economia lecita”. Parlando del ruolo di Statuto, il gip scrive che “rappresenta il fulcro attorno a cui ruota l’attività illecita, essendo il referente del gruppo societario cui appartengono le compagini coinvolte nei fatti oggetto di contestazione”. Un quadro che “rende non solo concreta la probabilità di reiterazione di condotte delittuose in ambito societario ma anche attuale. Risulta che Statuto ha rivestito e riveste tutt’ora cariche amministrative all’interno di società che operano nel settore anche a seguito di nomine recenti; ugualmente ha detenuto e detiene partecipazioni in numerose società, alcune delle quali da lui stesso amministrate”.
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