Due presunti affiliati al gruppo Di Tella del clan dei casalesi sono stati raggiunti da provvedimenti cautelari emessi dalla magistratura, eseguiti stamani, tra Aversa e Teverola, dai carabinieri del reparto territoriale normanno. Si tratta di Antonio Barbato, 42 anni, finito in carcere, e di Carmine Lucca, 48, sottoposto al divieto di dimora tra le province di Caserta, Napoli e Latina, accusati di tentata estorsione ad un’impresa edile di Teverola.
Secondo gli investigatori dell’Arma, coordinati dalla procura antimafia di Napoli, e supportati dalle dichiarazioni delle vittime, i due indagati, lo scorso mese di novembre, tentarono di chiedere il “pizzo” ad un imprenditore operante in un cantiere edile della cittadina alle porte di Aversa. In quella circostanza, secondo testimoni, Antonio Barbato e il suo complice intimarono all’impresa di “mettersi a posto”, in pieno stile camorristico.
Barbato, fanno sapere gli inquirenti, “è una persona nota a Teverola e zone limitrofe per i suoi trascorsi criminali, in quanto è stato già condannato due volte nel 2010 e 2015 con sentenze divenute irrevocabili per gravi reati estorsivi, commessi anche con l’uso di armi, nonché per partecipazione all’associazione di tipo mafioso del clan dei casalesi, gruppo Di Tella, tradizionalmente vicino alla fazione Schiavone”.
Per effetto delle due citate sentenze, Barbato ha espiato una pena complessiva di sette anni e sei mesi di reclusione, poiché gli veniva riconosciuto il regime della continuazione tra tutti i reati contestati, per cui veniva liberato il 14 aprile di quest’anno. “Come già era accaduto all’atto di una sua precedente scarcerazione, nel 2013 – sottolineano i carabinieri in una nota – il 42enne, pochi mesi dopo essere tornato libero, riprendeva a porre in essere condotte delittuose di analoga natura delle precedenti, tempestivamente arrestate dall’intervento degli inquirenti”.