Applausi scroscianti, ripetute richieste di bis (ne sono stati concessi ben quattro), pubblico entusiasta che riempie il Teatro Mediterraneo di Napoli: l’atteso appuntamento musicale di Capodanno con la Nuova Orchestra Scarlatti è un successo, in una formula in cui si è colorato di gioco e, con esso, di tanta genuina emozione.
‘Playing Orchestra’, questo il titolo del ventiquattresimo Concerto di Capodanno della Nuova Orchestra Scarlatti. E l’Orchestra ha cominciato subito a giocare, con Paisiello, con il Rossini frizzante del Signor Bruschino, incitata dalla precisione e dallo slancio del giovane direttore Marco Attura. Dopo i primi convinti applausi il gioco si è fatto suggestione tra scena e musica, con la poliedrica Giovanna Famulari nella triplice veste di mimo, voce e violoncello a raffigurare al centro del palco una sequenza circolare di nascita, trasformazione e ritorno in una sorta di mobile ‘guscio’ embrionale, sottolineata da un calibrato movimento di assolvenze e dissolvenze di luci e accompagnata da un flusso ininterrotto di metamorfosi sonore (da un’idea del maestro Gaetano Russo): Bach che attraverso un assolo di batteria diventava ‘Imagine’ di Lennon, poi ‘Gabriel’s Oboe’, poi Zorba che all’improvviso sfociava nella Carmen di Bizet. Sempre senza pause l’Orchestra ha ceduto il passo alla voce e al violoncello di Giovanna Famulari, per una ‘Maruzzella’ reinterpretata con una sensibilità e un’anima che hanno rapito il pubblico.
Poi ancora Carosone, con ‘Tu vuo’ fa’ l’americano’, prima lentissimo come un antico adagio, poi swing con uno swing trascinante. Di nuovo Bach in un movimento a ritroso speculare all’inizio in cui Giovanna, dopo aver cantato e suonato, rientrava nel suo guscio mentre la scena scivolava gradualmente dalla luce al buio; un secondo di concentrato silenzio, poi applausi scroscianti per l’eccezionale performance della Nuova Scarlatti e della Famulari.
La seconda parte del concerto è scorsa in un clima ormai caldo di entusiasmo: il Dvořák elegante dei Valzer di Praga, quello potente della prima Danza slava; ancora gioco, con la divertente Typewriter di Leroy Anderson, dove il percussionista Domenico Monda ha rinnovato in scena la gag di Jerry Lewis, ‘suonando’ con grande bravura una vecchia macchina da scrivere. Altro momento clou è stata una funambolica versione della celeberrima Csárdás di Monti, esaltata dai brillanti interventi solistici di varie prime parti dell’Orchestra (violoncello, clarinetto, flauto, violino, ottavino e tuba) e dalla dinamica direzione di Attura, apprezzatissimi dal pubblico, poi altro ancora fino alla trascinante Furioso Polka di Strauss. Tanti gli applausi e ben quattro bis per una serata di festa attraverso la musica che molti in platea – come hanno dichiarato – non avrebbero voluto che finisse più.
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