Con l’annuncio delle nomination si è, ufficialmente, aperta la corsa agli Oscar 2019, che si concluderà la sera del 24 febbraio prossimo nella ormai sede storica della kermesse, il Dolby Theatre di Los Angeles. Le candidature, in parte attese, hanno, però, riservato qualche sorpresa. A partire dalle due pellicole che guidano la lista dei nominati, entrambe dirette da registi stranieri. Un vero schiaffo al nazionalismo yankee, ancor più da sottolineare negli anni dello sciovinista slogan trumpiano “America First”.
“Roma” del messicano Alfonso Cuaròn e “La favorita” del greco Yorgos Lanthimos hanno, infatti, portato a casa la bellezza di 10 candidature a testa, comprese quelle più importanti per il film, la regia, la sceneggiatura, le attrici protagoniste e non. In effetti, pur nella loro siderale differenza, dall’epoca storica al contesto d’ambientazione, i lungometraggi hanno in comune il fatto di trattare, seppur con toni differenti, storie di donne alla conquista di uno spazio sempre più significativo in società ancora surclassate dal mito del maschio dominante. Un grido di liberazione, che passa dagli intrighi alla sofferenza, dalla competizione alla solidarietà, divenuto già marchio di fabbrica della 91ma edizione del premio cinematografico maggiormente ambito del pianeta.
Se le candidature delle opere suddette hanno ottenuto plauso unanime, dure critiche, soprattutto social, non hanno risparmiato le 8 nomination del remake “A Star is Born” diretto e interpretato da Bradley Cooper con la popstar Lady Gaga. In realtà tutti concordi sulla mancata inclusione nella categoria di miglior regista, ma l’inserimento di miss Germanotta tra le cinque attrici protagoniste dell’anno, in competizione con mostri sacri del calibro di Glenn Close o consumate professioniste rispondenti al nome di Olivia Colman non è stato proprio digerito. E il pensiero va ad altre cantanti come Madonna, divina in “Evita”, e Bjork, ineguagliabile in “Dancer n the Dark”, che, ai tempi, non furono neanche prese in considerazione per una nomination.
Altra rivolta social ha riguardato la candidatura del supereroe targato Marvel “Black Panther” tra gli otto migliori film della stagione, prima volta in assoluto nella storia, quasi centenaria, degli Academy Award. Per i critici più accesi, l’errore non sta nell’aver candidato un supereroe, cosa che potrebbe avvicinare il pubblico giovane a una manifestazione alla disperata ricerca di un efficace “svecchiamento” di immagine, ma nella scelta di uno dei titoli, forse peggiori, della più recente produzione Marvel.
Da segnalare, comunque, un’indubbia affermazione del “black power” nelle candidature, onde spazzar via le polemiche, ancor vive, per l’esclusione di nominati afroamericani due anni orsono, e la doppia menzione del favoritissimo “Roma” sia tra i migliori film sia tra i film stranieri. Nel primo caso dovrà vedersela con “La favorita”, “A Star is Born”, “BlaKkKlansmann” di Spike Lee (prima volta per lui agli Oscar), “Vice” di Adam McKay, “Green Book” di Peter Farrelly, il blockbuster dell’anno “Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer (5 nomination in totale tra le quali Remi Malek miglior attore), e il tanto vituperato “Black Panther” di Ryan Coogler. Nel secondo caso, invece, i suoi contendenti saranno il giapponese “Un affare di famiglia” Hirokazu Kore’eda, il libanese “Capernaum” di Nadine Labaki, il tedesco “opera senza autore” di Florian Henkel von Donnersmark , il polacco “Cold War” di Pawel Pawlikowski, nominato, anche, come migliore regista, categoria nella quale sono presenti solo due statunitensi su cinque.
Un ulteriore segnale di crisi creativa nell’era oscurantista di Donald Trump? Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo, per quanto riguarda i nostri colori, registriamo mestamente l’assenza di candidati italiani, in quanto il “Dogman” di Matteo Garrone, che non avrebbe certo sfigurato, è stato, quasi immediatamente, escluso dalla corsa per una nomination, soddisfazione acciuffata, in maniera inattesa, ai Bafta britannici. Avrà, ovviamente, pochissime possibilità di vittoria contro il gigante “Roma”, ma, in ogni caso, farà, orgogliosamente, sventolare il tricolore alla corte di Sua Maestà Elisabetta II.