Camorra, gli affari dei Casalesi in Veneto: 50 arresti, tra cui sindaco Eraclea

di Redazione

50 arresti, 11 obblighi di dimora e un sequestro preventivo di beni per 10 milioni di euro. E’ il risultato di una operazione anti-camorra in Veneto, condotta dalla guardia di finanza e dalla polizia, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia. Tra gli arrestati ci sono anche Mirco Mestre, sindaco di centrodestra di Eraclea, località balneare in provincia di Venezia, e un agente del commissariato di Jesolo, peraltro sposato con la figlia di un camorrista.

Al centro della mega operazione quello che viene considerato il referente locale del clan dei casalesi, Luciano Donadio, 53 anni, imprenditore edile di Casal di Principe (Caserta), da anni in Veneto, sorpreso nel cuore della notte nella sua abitazione a poca distanza dalla centralissima piazza Garibaldi. Coinvolto anche il mondo dell’edilizia legato alle costruzioni lungo la costa adriatica veneziana, da San Donà di Piave a Bibione, Caorle e oltre. Tra i filoni d’indagine anche l’ipotesi di rapporti con la politica e il voto di scambio, in particolare in rapporto con il clan dei casalesi.

Le indagini hanno consentito di evidenziare come l’organizzazione risulti costituita già alla fine degli anni ’90 da Luciano Donadio, 53 anni, residente ad Eraclea, Raffaele Buonanno, 60 anni, originario di Casal di Principe e domiciliato ad Eraclea, e Antonio Buonanno, 57 anni, di Casal di Principe, assieme ad un nucleo di persone originarie di Casal di Principe e di altri centri dell’agro Casertano: Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti, Nunzio Confuorto.

L’indiscusso ruolo di promotori e dirigenti è stato rivestito da Donadio e Raffaele Buonanno (quest’ultimo imparentato tramite la moglie con esponenti di vertice dai clan Bianco e di Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto ‘e mezzanotte”, capo della famiglia Bidognetti) i quali rappresentava l’associazione nei rapporti di natura criminale. Pure con i dirigenti e gli associati al gruppo Schiavone e Bianco e le altre famiglie casalesi.

Il gruppo mafioso, dopo la sua costituzione, si è insediato nel Veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi epigoni locali della “mafia del Brenta” con i quali sono stati comprovati i contatti. Le multiformi strategie criminali erano finalizzate, tra l’altro, ad acquisire, se necessario con minacce e violenza, la gestione o il controllo di attività economiche, soprattutto nell’edilizia e della ristorazione, ma anche ad imporre un aggio ai sodalizi criminali limitrofi dediti al narcotraffico o allo sfruttamento della prostituzione.

Una quota dei profitti dell’attività criminale era destinata a sostenere finanziariamente e sostenere i carcerati di alcune delle storiche famiglie mafiose di Casal di Principe appartenenti al clan dei Casalesi cui l’organizzazione mafiosa di Eraclea era genericamente collegata e della quale costituiva il gruppo criminale referente per il Veneto orientale e, come tale, interlocutore obbligato di tutte le organizzazione territoriali che vi si trovavano ad operare.

Tra gli arrestati, il sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, per il reato di scambio politico-elettorale riferito all’elezione nel 2016 conseguita per soli 81 voti di scarto sul rivale, grazie agli oltre 100 voti procuratigli dal gruppo mafioso del quale aveva riservatamente sollecitato l’intervento — indicando anche i candidati della propria lista su cui convogliare le preferenze e poi eletti – in cambio di favori su istanze amministrative presentate da società controllate dagli uomini del sodalizio.

In carcere anche Denis Poles, direttore di un istituto di credito di Jesolo, complice degli esponenti del sodalizio, il quale, come il suo predecessore (indagato a piede libero) consentiva loro di operare su conti societari senza averne titolo, concordando con loro l’interposizione di prestanome, omettendo sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette. Coinvolto anche un appartenente alla Polizia di Stato, Moreno Pasqua: accusato di aver fornito informazioni riservate ai malavitosi, inerenti ad indagini nei loro confronti, tramite illecito accesso alle banche dati di polizia, nonché di averne garantito protezione e supporto a seguito di controlli subiti da parte di altre forze di polizia.

Decine di estorsioni per riscuotere crediti, truffe all’erario, armi. Secondo l’accusa, la Camorra si era infiltrata nel Veneto Orientale facendo affari e perfino garantendo i voti necessari all’elezione di un sindaco, quello di Eraclea. A commissionare le estorsioni, per recuperare crediti, erano imprenditori e semplici cittadini, di quelli che si proclamano perbene, ma che non hanno avuto scrupoli nel rivolgersi alla malavita, invece che alle forze dell’ordine o alla magistratura, consentendo agli esponenti della Camorra, trasferitisi in Veneto, di radicarsi e rafforzare il loro potere, basato su violenza e intimidazione.

L’operazione “At least” ha visto la partecipazione di oltre 300 uomini e si è estesa per tutto il territorio nazionale, a partire da Venezia, ma anche a Casal di Principe, in provincia di Caserta, e in altre località. L’indagine è stata condotta dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Trieste e dalla squadra mobile di Venezia.

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha ringraziato “a nome di tutta la gente per bene” il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e il procuratore distrettuale di Venezia Bruno Cherchi. “Credo di interpretare il sentimento dei Veneti – ha aggiunto il governatore – nel rivolgere un ringraziamento riconoscente a tutti gli uomini e le donne delle Forze dell’Ordine che si sono impegnati per il successo del blitz. Oggi la giornata comincia davvero nel migliore dei modi”. Anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha commentato su twitter: “Notizie di questo tipo vanno cominciare bene la giornata. Grazie alla Guardia di Finanza e alla Polizia, che hanno eseguito questa brillante operazione con il coordinamento della Dda di Venezia. Vogliamo inseguire i boss e i loro sporchi affari ovunque siano”.

E’ il secondo colpo alla mafia infiltrata al Nord nel giro di una settimana. Sette giorni fa il Ros aveva toccato la ‘Ndrangheta, arrestando 7 persone legate alla famiglia Multari, grazie a un’inchiesta iniziata nel 2017 dalla Dda di Venezia.

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