Un risarcimento da 4.800 euro per uno stupro rimasto senza colpevoli è “irrisorio”: questa la tesi dei legali di una donna che nel 2005, all’età di 18 anni, fu sequestrata e abusata all’uscita da una discoteca. I due responsabili, entrambi romeni, vennero fermati ma evasero dagli arresti domiciliari, così il reato è rimasto impunito.
In casi come questi nei quali l’aggressore rimane sconosciuto, privo di risorse economiche o latitante, secondo una direttiva europea dovrebbe essere lo Stato a garantire un indennizzo “equo e adeguato” alle vittime di reati violenti e intenzionali. Il problema però, sta nel definire cosa significhi esattamente “equo e adeguato”.
Nel 2017 – dopo una condanna inflitta dalla Corte di giustizia europea – l’Italia si è finalmente dotata di un fondo di garanzia per erogare tali risarcimenti, ma ha stabilito un “tariffario” molto basso: l’importo fisso concesso ai familiari di una vittima di omicidio è infatti di 7.200 euro, 8.220 euro per le famiglie delle donne vittime di femminicidio, 3.000 euro per le lesioni gravissime, 4.800 per lo stupro.
Adesso saranno i giudici europei a pronunciarsi sulla congruità di un tale importo nel caso di Sonia, alla quale già i giudici di Torino avevano dato ragione in primo e secondo grado concedendo una provvisionale esecutiva di 50mila euro, alla quale la Presidenza del Consiglio si era opposta.