Aversa – Non bisogna mai essere superficiali, mai sottovalutare certi segnali che il nostro corpo ci invia, soprattutto se questi segnali sono chiari campanelli d’allarme prima di essere colti da un infarto. Tanti, troppi sicuramente non sanno riconoscere tali “segnali”. Per questo abbiamo voluto di nuovo incontrare il dottor Mario De Michele, cardiologo ed emodinamista, dal quale ci facciamo spiegare con parole semplici cosa provoca l’infarto e come si può prevenire.
Dottor De Michele, ci vuole dire quali sono le cause dell’infarto cardiaco? “L’infarto è causato da un’ostruzione più o meno completa di una delle arterie, chiamate arterie coronarie, che portano il sangue al cuore. I principali fattori di rischio per l’infarto sono l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, il diabete mellito, il fumo, l’obesità, lo stress e la familiarità per malattie cardiovascolari”. Quali le conseguenze in presenza di tali aspetti? “Sicuramente, questi fattori sono spesso la conseguenza di uno scorretto stile di vita: alimentazione abbondante, ricca di sale, di grassi animali e povera di fibre, ridotta attività fisica”.
Come prevenire allora? “L’infarto del miocardio può essere prevenuto trattando i fattori di rischio e modificando il proprio stile di vita. In particolare, è importante seguire un’alimentazione sana, ridurre gradualmente la quantità di sale aggiunto alle pietanze, limitare il consumo di alcol, scendere di peso, praticare regolare attività fisica aerobica, smettere di fumare, imparare a gestire lo stress”. E’ forte il pensiero, di essere colpiti da un infarto, come si possono riconoscere i sintomi? “Il sintomo più caratteristico dell’infarto è il dolore molto forte che può restare localizzato al centro del petto o irradiarsi alle spalle ed alle braccia (più comunemente il sinistro), al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso. L’infarto può dar segno di sé, anche con altri sintomi: mal di stomaco come per un’indigestione, affanno improvviso (dispnea), sudorazione fredda, nausea e vomito, svenimento, debolezza marcata ed improvvisa (astenia)”.
Una volta che si è compreso che si è colpiti da infarto, o vi sia nel sospetto, quali sono le cose principali da fare? “La cosa principale: non perdere tempo, e chiamare immediatamente il 118 per essere trasportati in ospedale”. Quindi, inutile perdere tempo ma correre subito ai ripari? “Sicuramente, ogni altra iniziativa porta soltanto ad allungare i tempi di primo contatto medico, inteso come contatto tra chi sta soffrendo una condizione cardiologica potenzialmente mortale ed un medico. Non è saggio, quindi, andare direttamente al Pronto Soccorso né da soli né accompagnati da qualcuno”. Ecco, in questi casi qual è l’obiettivo della terapia? “Senza un adeguato trattamento, l’infarto comporta un’elevata mortalità e la compromissione della funzione cardiaca con ripercussioni sulle capacità lavorative e sulla qualità della vita”. Pertanto, è vitale intervenire con tempestività? “Nelle prime ore dall’infarto, l’obiettivo della terapia è riaprire il vaso coronarico occluso per evitare la morte del muscolo cardiaco. Per questo i cardiologi dicono che ‘il tempo è muscolo’, a sottolineare che tanto più precocemente si interviene tanto più si ha la possibilità di salvare dalla morte il cuore”.
Quali trattamenti vanno eseguiti? “C’è da dire che gli studi condotti negli ultimi 20 anni hanno dimostrato che il trattamento di prima scelta per l’infarto del miocardio è l’angioplastica coronarica, che consiste nel dilatare la coronaria occlusa mediante uno speciale ‘palloncino’ e nel posizionare nella coronaria uno (o più) stent, una retina metallica che serve a mantenere aperta l’arteria. La retina metallica può essere ricoperta di farmaco (stent medicato) che ha lo scopo di evitare che si formi, nel punto in cui l‘arteria è stata dilatata, una specie di cicatrice esuberante che potrebbe ostruire nuovamente il vaso”.
Insomma, l’infarto è subdolo e arriva all’improvviso, quando meno ce l’aspettiamo. Pertanto, imparare a conoscere i sintomi e cosa lo provoca lo riteniamo un servizio vitale per tutti noi. Grazie al dottor De Michele per la disponibilità.
di Donato Liotto