In diversi comuni della provincia di Salerno, e in altre località del territorio nazionale, vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Salerno nei confronti di una banda, composta da imprenditori agricoli e stranieri, i cui componenti sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina, riduzione in schiavitù, tratta di persone e altro, con l’aggravante del reato transnazionale.
35, complessivamente, le misure cautelari (27 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora) eseguite dai militari, circa 200 impegnati, con l’ausilio di unità cinofile e il supporto aereo, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia. Il sistema consisteva nel raggirare il “decreto flussi” per favorire l’immigrazione clandestina nei campi agricoli della provincia di Salerno.
Dai 5mila ai 12mila euro il compenso per raggiungere l’Italia ed ottenere il permesso di soggiorno. Il pagamento avveniva in Marocco ma in Italia non si perfezionava poi la documentazione. L’organizzazione, oltre che nel Salernitano, aveva ramificazioni in Basilicata, a Policoro (Materia), e in Toscana, a Monsummanno Terme (Pistoia), ma anche all’esterno, con basi in Marocco, Francia e Belgio.
Dopo aver procacciato in Marocco persone disposte a pagare per ottenere un permesso di soggiorno, con l’intermediazione di ulteriori persone in Francia e Belgio, la banda sarebbe stata in grado di generare, per il tramite di imprenditori agricoli sodali, le domande periodicamente inviate al Ministero dell’Interno, la cui gestione sarebbe stata poi affidata ad un commercialista di Eboli. Una volta che l’immigrato arrivava in Italia con regolare visto emesso in forza di richiesta nominata di assunzione di uno degli imprenditori collusi, la procedura non veniva completata con la sottoscrizione del contratto di lavoro, per permettere ai migranti di ricevere un permesso per “attesa occupazione”, di 12 mesi, periodo superiore anche ai 6 mesi previsti dal permesso di soggiorno stagionale per motivi di lavoro che sarebbe stato rilasciato in caso di assunzione.
Gli immigrati venivano poi avviati al lavoro irregolare nei campi per essere sfruttati, anche con la promessa di una successiva regolarizzazione del permesso di soggiorno. I vari imprenditori agricoli locali generalmente si sarebbero garantiti manodopera sottopagata per il lavoro nei campo, in altri si sarebbero limitati a ricevere un compenso da 500 a 1000 euro per ogni contratto di lavoro fittizio richiesto.
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