La Guardia di Finanza di Napoli ha dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal gip del Tribunale di Napoli, Valentina Gallo, nei confronti di 10 indagati – 3 finiti in carcere, sette ai domiciliari – ritenuti coinvolti in un’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale. Il danno provocato all’Erario ammonterebbe a oltre 70 milioni di euro. Le indagini sono scaturite da una verifica fiscale eseguita dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Accertamento – nei confronti della “Alma spa”, società operante nella fornitura di lavoro temporaneo.
In carcere: Francesco Barbarino, 49 anni, di Napoli; Luigi Scavone, 45, nativo di Potenza, entrambi amministratori di fatto di “Alma”; Francesco Martoni, 48, di Napoli, ritenuto prestanome di Barbarino e Scavone, nonché rappresentante legale di diritto della “Alma spa” e di altre società del gruppo beneficiarie di indebite compensazioni. Ai domiciliari: Carmine Franco, 51 anni, di Napoli, consulente del lavoro di “Alma spa” e delle società del gruppo, intermediario abilitato responsabile dell’inoltro telematico della quasi totalità degli F24 fraudolenti; Stefano Paloni, 64, di Fermo, direttore di amministrazione, finanza e controllo di “Alma spa”; Marco Erhard, 43, di Napoli, collaboratore di Franco considerato tenutario della contabilità delle “cartiere”; Edoardo Rinaldi, 64, nato a Milano, considerato amministratore prestanome di società “cartiere” e di altre compagini beneficiarie di indebite compensazioni; Fiorinda Granozio, 44, nata a Bergamo, considerata amministratore prestanome di società beneficiarie di indebite compensazioni; Francesco Almanza, 58, di Napoli, consulente fiscale e ritenuto intermediario responsabile dell’inoltro telematico delle dichiarazioni Iva delle “cartiere”; Pietro Di Monda, 52, nativo di Pomigliano d’Arco (Napoli), consulente fiscale e del lavoro, ritenuto intermediario responsabile dell’inoltro telematico delle dichiarazioni Iva delle “cartiere” e degli F24 fraudolenti.
Gli elementi raccolti nel corso del controllo fiscale facevano fin da subito emergere indizi tali da far supporre l’esistenza di un meccanismo fraudolento di portata e gravità più ampie rispetto alle violazioni che potevano essere contestate in ambito amministrativo dall’Agenzia delle Entrate. In tale contesto, pertanto, le successive indagini delegate alla Guardia di Finanza di Napoli, sfruttando i peculiari strumenti investigativi propri della polizia giudiziaria, hanno reso possibile l’individuazione di un sofisticato e imponente sistema per frodare il Fisco attraverso il meccanismo delle indebite compensazioni d’imposta. La compensazione tributaria consiste nella possibilità riconosciuta al contribuente che vanta un credito nei confronti dell’Erario di utilizzarlo per il pagamento di eventuali debiti nei confronti dello stesso.
Gli indagati sono complessivamente 27, tra cui 3 consulenti fiscali napoletani in stretto rapporto con i principali imprenditori coinvolti, Francesco Barbarino e Luigi Scavone. Questi ultimi avrebbero gestito, tramite prestanomi compiacenti, oltre 30 compagini societarie con 17mila dipendenti e un fatturato di circa 400 milioni di euro per il solo anno 2017. Il fulcro di questo gruppo societario sarebbe stato individuato nella holding “Altea srl”. La frode fiscale, che si realizzava in tre fasi, permetteva di non pagare le imposte, i contributi previdenziali e assistenziali dei dipendenti attraverso una compensazione con crediti tributari fittizi.
In un primo momento, alcune società “cartiere” (prive cioè di strutture operative e/o mezzi imprenditoriali adeguati) formalmente estranee al gruppo, ma di fatto riconducibili agli indagati, creavano un credito Iva inesistente, mediante false fatturazioni. Successivamente tale credito veniva ceduto alle compagini operative del gruppo con un contratto di “accollo”, solo formalmente ineccepibile, nel quale il fittizio credito Iva veniva addirittura asseverato (certificato) dai professionisti abilitati compiacenti. Infine le imprese del gruppo “Alma” azzeravano i loro carichi tributari e contributivi utilizzando in compensazione il falso credito Iva acquisito attraverso gli atti di accollo.
L’ordinanza della magistratura dispone anche il sequestro preventivo delle disponibilità finanziarie costituenti il profitto del reato nei confronti di 32 società e, per equivalente, dei beni patrimoniali riconducibili ai 27 indagati, per un ammontare complessivo pari a oltre 70 milioni di euro. In particolare, oltre alle disponibilità finanziarie sui conti bancari di società e indagati, si stanno sottoponendo a sequestro anche immobili di pregio nelle province di Bergamo, Salerno, Cagliari, Reggio Emilia, Napoli, Caserta, Vibo Valentia, nonché due ville, ubicate a Capri e Sperlonga, quote societarie e autovetture di grossa cilindrata intestate agli indagati.
“L’operazione – fanno sapere gli inquirenti – ha consentito di disarticolare un sistema particolarmente insidioso che, traendo beneficio dalla consistente evasione fiscale posta in essere, ha garantito l’occupazione di segmenti di mercato sempre più ampi, a discapito della libera concorrenza con gli altri operatori economici del settore. Infatti, la maggiore competitività del gruppo, favorita dall’indebito e illecito risparmio di imposta, ha permesso allo stesso di realizzare importanti partnership con i primari gruppi imprenditoriali nazionali della grande distribuzione organizzata”.