L’Isis ha pubblicato la fotografia dei documenti di un italiano, Lorenzo Orsetti, dichiarando di averlo ucciso durante una battaglia a Baghuz, una delle ultimi roccaforti del gruppo terroristico nella parte sud-orientale della Siria. Orsetti, 33 anni, nome di battaglia “Tekoser”, combatteva nelle file delle milizie curde Ypg, legate al Pkk turco, a fianco del Siryan democratic Force, l’alleanza delle milizie arabo e curde contro l’Isis. Secondo quanto si apprende, sarebbe stato ucciso in un’imboscata.
Il volontario italiano si trovava da un anno e mezzo nel nord-est del Paese, dove combatteva al fianco dei curdi dell’Ypg, le Unità di protezione del popolo, contro i jihadisti. Di recente, il 32enne era stato intervistato da alcuni media italiani come un combattente volontario italiano a fianco dei curdi contro l’Isis. A Baghuz è in corso la battaglia contro le ultime sacche di resistenza dell’Isis: assieme al suo battaglione Orsetti sarebbe caduto in un’imboscata e sarebbe rimasto ucciso nello scontro a fuoco.
“È un bravo ragazzo. Ha sempre voluto aiutare gli altri”. Lo ha affermato la mamma di Orsetti. “Noi eravamo contrari alla sua partenza, io non riesco più a dormire la notte, ma lui voleva aiutare questo popolo oppresso”, conclude la signora Annalisa, chiedendo ancora notizie del figlio. “Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto”, “ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo”, ha detto il padre di Lorenzo, Alessandro Orsetti.
Alcuni siti scrivono di un messaggio diffuso su Telegram, in cui il sedicente Stato Islamico definisce la vittima un “crociato italiano”. Nel messaggio l’Isis sostiene che “il crociato italiano è stato assassinato negli scontri nella località di Baghuz”. C’è anche una foto in cui si vede un uomo privo di vita vestito con un’uniforme militare, come ha confermato Site, il sito Usa di monitoraggio del jihadismo: “Lo stato islamico ha pubblicato la fotografia del cadavere e un documento d’identità di un cittadino italiano che sostiene di aver ucciso nell’assedio della città di Baghuz, in Siria”. Anche fonti di sicurezza italiane hanno confermato la morte di Orsetti, che sarebbe rimasto vittima di un’imboscata insieme al suo battaglione, sebbene ufficialmente la Farnesina ha fatto sapere che sono ancora in corso le verifiche.
“A quanto pare diverse case-trincee-tunnel sono rimaste. Non me lo faccio dire due volte, se tutto va bene domani riparto”. È l’ultimo post, datato 12 marzo, pubblicato sul suo profilo Facebook, da Lorenzo Orsetti. “Si mangia capra alla brace e si beve tè, mentre il sole si spegne sui crinali delle colline di Afrin”, raccontava l’anno scorso a Repubblica. “I motivi che mi hanno spinto nel nord della Siria sono molteplici, non starò qui ad elencarli. Vi basti sapere che a mille parole ho sempre preferito i fatti”. All’epoca Orsetti si trovava schiacciato tra due eserciti, quello dello Stato Islamico e quello turco di Erdogan. “Attendo da giorni nel centro di Afrin. Alcuni abitanti ci ospitano e le nostre squadre si danno il cambio continuamente. Quando viene il mio turno non so bene cosa aspettarmi, non è più la lotta porta a porta di Kobane, e il supporto aereo non è più dalla nostra parte come a Raqqa: è uno scontro diverso, contro un nemico molto forte”.
Qualche settimana dopo si era raccontato in un’intervista al Corriere Fiorentino: “Ho lavorato per 13 anni nell’alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco”, spiegava mentre era impegnato a difendere la città di Afrin dall’assedio di jihadisti e turchi. “Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta più equa”, diceva.”L’emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi”, aggiungeva Orsetti. E a chi gli chiedeva che cosa avrebbe fatto una volta tornato in italia rispondeva: “Non mi preoccuperei troppo delle conseguenze (la legge Alfano punisce i foreign fighters, ndr). Io non ho nessuna remora morale, sto facendo la cosa giusta, sono a posto con la mia coscienza. Siamo qua e qua resteremo fino all’ultimo. Un po’ perché non c’è nient’altro da fare, un pò perché è la cosa giusta da fare. Combattiamo”.