Dodici le persone denunciate dalla Guardia di finanza di Trento e dalla Polizia stradale di Bolzano, nel corso dell’operazione “Tarantella”, che ha visto l’esecuzione di una cinquantina di perquisizioni in tutta Italia e di un provvedimento di sequestro preventivo per oltre 1 milione di euro.
125 militari delle Fiamme gialle e 30 agenti della Stradale, coordinati dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Trento e dal Compartimento della Stradale Trentino-Alto Adige e Belluno sono stati impiegati nel blitz che ha portato a eseguire cinquanta perquisizioni, in otto regioni (Trentino-Alto Adige, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania) e sequestri nei confronti degli autori di un’articolata truffa milionaria in danno della società che gestisce l’autostrada A22 “del Brennero”. Le perquisizioni hanno interessato le province di Trento, Verona e Brescia (ove hanno operato congiuntamente Guardia di Finanza e Polizia Stradale) nonché di Pavia, Reggio Emilia, Modena, Pisa, Roma e Avellino, dove le Fiamme Gialle di Trento hanno operato avvalendosi della collaborazione dei locali Reparti del Corpo.
L’attività ha preso avvio dagli indizi raccolti dalla Sottosezione della Polizia Stradale di Trento che ha acquisito informazioni circa possibili azioni illecite di tipo fiscale, compiute da una delle imprese private che gestisce in appalto punti vendita in alcune aree di servizio collocate lungo l’autostrada A22. La Polizia stradale, trattandosi di violazioni fiscali che attenevano all’omessa contabilizzazione degli incassi, ha informato la Guardia di finanza di Trento, con la quale è iniziata nell’agosto del 2018 un’attività investigativa congiunta che ha interessato successivamente la Procura distrettuale di Trento. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito ai finanzieri e ai poliziotti di disvelare un articolato sistema truffaldino organizzato dai vertici di una società privata, con sede legale in Campania, che gestisce in appalto punti vendita siti in alcune delle aree di servizio della Autobrennero.
Il sistema di frode era strutturato in modo da evitare di pagare la percentuale di diritti dovuti dalla società alla A22 in base al contratto di gestione dei punti vendita. La società truffatrice, in sostanza, doveva pagare delle somme percentuali variabili a seconda del tipo di bene venduto, che andavano dal 5%, se si trattava di prodotti tipici locali, al 49% per altri tipi di beni di consumo. Per limitare al massimo l’importo dei diritti da corrispondere la società indagata aveva vari sistemi: veniva sistematicamente omessa l’emissione degli scontrini nei momenti di maggior afflusso della clientela; quasi sempre i prodotti venduti venivano “passati” per prodotti tipici locali, anche quando non lo erano, in modo da pagare sempre il diritto più basso (5%) in luogo delle percentuali che, a seconda del bene, andavano dal 27% al 49%; in alcuni casi, i prodotti venivano fittiziamente “passati” per quelli sui quali l’Autobrennero non richiedeva contrattualmente una percentuale di vendita (cd musicali, libri, riviste e generi di monopolio). Per fare questo, erano stati modificati i software dei registratori di cassa, creando un tasto che recava il nome di fantasia di un prodotto (il nome era “panciotto” o “capriccio”) battendo il quale – a seconda delle necessità – venivano registrati come beni “esenti” da diritti dei prodotti soggetti a royalties e Iva ordinarie facendoli quindi passare contabilmente con un’aliquota Iva ridotta (alimentari e prodotti tipici locali) o assente (quali materiali editoriali, generi di monopolio, eccetera).
Per regolamentare il flusso degli scontrini battuti e non battuti, i vertici della società truffaldina si basavano sulle giornate in cui i dipendenti della A22 effettuavano o meno dei controlli sui volumi di vendita per il calcolo delle royalties dovute contrattualmente: in base alla presenza o meno di controlli, i truffatori comunicavano agli addetti alle casse con un linguaggio convenzionale che il giorno era da “luce rossa” (e quindi gli scontrini andavano in linea di massima battuti) o da “luce verde” (e quindi si poteva omettere di rilasciarli). Al vaglio degli investigatori anche la posizione della commercialista, con sede ad Avellino, di riferimento della società indagata per verificarne il livello di coinvolgimento nell’architettura della truffa. Le indagini puntano anche ad acclarare se le informazioni circa le giornate in cui il personale della società Autobrennero svolgeva i propri controlli venivano comunicate da dipendenti infedeli della società stessa; sono anche in corso approfondimenti per valutare l’estensione del sistema truffaldino in tutti i punti vendita della società indagata, che hanno sede nelle sette regioni interessate dalle perquisizioni, e sono collocati anche in strutture pubbliche ospedaliere (a Trento è stato interessato il Santa Chiara).
Gli indagati dell’operazione, denominata “Tarantella”, sono, allo stato, dodici e accusati, a vario titolo, di dichiarazione fiscale fraudolenta, truffa aggravata ai danni dello Stato, corruzione e autoriciclaggio. La truffa, per quanto finora ricostruito, ha permesso ai gestori disonesti, negli ultimi due anni, di sottrarre alla Autostrada del Brennero Spa e, quindi, agli Enti pubblici che la partecipano all’85% circa, oltre 1,1 milioni di euro. Per questo, la Procura di Trento ha richiesto ed ottenuto, dal giudice per le indagini preliminari, l’emissione di un decreto di sequestro preventivo, che ha permesso agli inquirenti di cautelare depositi bancari e contanti, per 1 milione e 121.427 euro, equivalenti all’importo del danno accertato.
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