Aversa, il ricordo di Giuseppe Capone: raduno spontaneo sul luogo della tragedia

di Antonio Taglialatela

“I fiori vanno coltivati con amore, non strappati con violenza. Rispetto per la vita”. Così recita uno striscione che non serve solo a ricordare, a due mesi dalla sua scomparsa, un giovane medico Giuseppe Capone, 32 anni, investito e ucciso dall’auto condotta da un neopatentato lo scorso 7 gennaio, ad Aversa, in via D’Acquisto (leggi qui). Una vita, quella di Giuseppe – figlio del dottor Gaspare Capone, anch’egli medico, ginecologo in pensione dopo aver lavorato all’ospedale di Caserta, e della professoressa Sandra Motti – breve ma caratterizzata da dignità, studio, amore verso gli uomini e gli animali e da quella modestia oggi da ritenere un “patrimonio inarrivabile”.

Quelle parole vogliono essere soprattutto un monito affinché, ricordando Giuseppe, “ci si ricordi anche che la strada è di tutti e che la società civile ha stabilito delle norme cui tutti gli esseri pensanti devono attenersi”. Lo scrivono, in una lettera, i familiari del medico che domenica 10 marzo, alle ore 11, sul luogo della tragedia, nelle vicinanze del Palazzetto dello Sport, è stato ricordato con un raduno spontaneo di familiari, amici e colleghi. Un evento per sensibilizzare la cittadinanza di Aversa e delle comunità limitrofe sul rispetto della vita e, pertanto, anche del codice della strada. “Strisce pedonali, segnali di limiti di velocità, di stop, di attenzione alla guida – continuano i familiari di Capone nella loro missiva – non vanno considerati ‘cartelli’ che ingombrano la strada ma devono essere sentiti come Leggi Morali Insite in chi si pone alla guida di un veicolo che, come può aiutare, può dare anche la morte”.

La morte fisica di Giuseppe è stata anche quella “spirituale” dei suoi familiari, come gli stessi scrivono. Due morti che, sottolinea la lettera, “non devono essere un inutile sacrificio deciso non si capisce da chi, ma un mezzo attraverso cui vicende strazianti come queste on abbiano più a verificarsi”. “Giuseppe – concludono i familiari – non smetterà di fare quel bene che ha fatto nella sua vita ma continuerà ad essere un modello non solo per i buoni ed i miti come lui, ma per tutti. La sua grande nobiltà d’animo ancora vive e sopravvive a quel freddo loculo in cui giace”.

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