Oggi, 21 marzo, primo giorno di primavera, assegnato il Premio Nazionale don Diana- Per amore del mio popolo. Il Premio, giunto alla ottava edizione, è stato istituito dal Comitato don Diana, Libera Caserta e dalla famiglia di don Giuseppe Diana ucciso a Casal di Principe, il 19 marzo del 1994. Meritevoli del riconoscimento sono Ilaria Cucchi, Yvan Sagnet, Marco Puglia, Roberto Di Bella. Per la sezione Menzioni Speciali, il Premio sarà conferito a Compagnia Teatro Toto’, Familiari Vittime Innocenti non Riconosciute, Vincenzo Musacchio, Franco Ianniello.
A 25 anni dall’uccisione di don Giuseppe Diana, nel primo giorno di primavera del 2019, il Premio Nazionale Don Peppe Diana ‘Per Amore Del Mio Popolo’ è assegnato come particolare e straordinario riconoscimento a Papa Francesco per il suo coraggio accanto alle vittime di ogni sopruso, perché capace di infondere coraggio e stimolare riflessioni in tutti coloro che lo ascoltano. Perché con il suo ministero annuncia parole di vita e avvicina le coscienze, senza dimenticare la necessaria parola di denuncia e di riscatto. Il Premio sarà consegnato nella consueta cerimonia del 4 luglio a Casal di Principe, nel giorno in cui don Giuseppe Diana avrebbe festeggiato il suo compleanno.
Le ragioni dell’assegnazione: Ilaria Cucchi, romana, sorella di Stefano Cucchi, lotta contro ogni tipo di tortura e per far emergere la verità sulla morte del fratello Stefano, avvenuta il 22 ottobre 2009. Non si è mai fermata proseguendo con determinazione e coraggio il suo cammino verso la giustizia. È riuscita a far crollare quella piramide di omertà militare e civile che aveva nascosto il pestaggio di Stefano, suo fratello e lotta contro ogni forma tortura e contro gli abusi di poteri.
Marco Puglia, napoletano, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Perché crede nella possibilità del riscatto sottolineando la funzione rieducativa della pena per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà. Destinando alcuni detenuti a pene alternative ha avvicinato il mondo cooperativistico al mondo penitenziario, per costruire un progetto di vita diverso dal precedente. E’ il recupero della persona vissuto fino in fondo, praticando valori etici e bellezza. Fuori dalle carceri, la pena viene espiata e diventa punto di partenza per un’esistenza che non calpesta.
Roberto Di Bella, messinese, Presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria. Perché credendo nella possibilità di un’alternativa e rompendo l’automatismo offre ai figli delle famiglie mafiose appartenenti alla ‘ndrangheta, una scelta diversa. Allontanandoli dall’ambiente e dalla cultura mafiosa offre ai giovani la possibilità di una vita diversa. “E’ una scelta di speranza, una rivoluzione culturale se vogliamo, un atto di fiducia che dimostra che lo Stato c’è. Mi piace definirlo come un Erasmus di legalità per questi adolescenti e bambini che nel corso della loro vita hanno vissuto solo in un contesto”, ha spiegato Di Bella.
Yvan Sagnet, Ingegnere ed ex bracciante, Associazione NoCap. Perché contro ogni forma di caporalato, credendo nella forza della parola, continua ad illuminare le condizioni di vita dei braccianti stranieri nei ghetti di Italia. Con la sua battaglia, insieme ad altre persone sfruttate nell’agricoltura, descrive il caporalato come sistema diffuso e non come singolo atto criminale, che coinvolge tutte le fasce deboli della società. Nel 2017 è riuscito a far introdurre il reato di caporalato nella Giurisprudenza Italiana. «Ho scoperto che le cause reali del fenomeno risiedono nella grande distribuzione organizzata, che impone a monte prezzi dei prodotti sempre più bassi, facendo sì che una parte del nostro sistema imprenditoriale, soprattutto i contadini, non ce la facciano più a reggere, a tenere il mercato, per cui sono costretti ad abbassare il costo del lavoro», ha detto Sagnet.
MENZIONI SPECIALI – Compagnia Teatro Totò di Napoli, perché attraverso il teatro crede nella formazione come punto imprescindibile per una cultura di cittadinanza attiva. Mettendo al centro dello sforzo artistico, l’etica del riscatto che guarda alla realtà con slancio di denuncia e miglioramento. Familiari delle vittime innocenti non riconosciute, per la dignitosa battaglia che li vede protagonisti nell’ottenere il riconoscimento per i loro i cari. Denunciando metodi burocratici distratti e lamentando una mancata considerazione solidaristica da parte degli Uffici preposti, continuano a praticare le vie della memoria e dell’impegno, instancabilmente e solo per amor di giustizia. Vincenzo Musacchio, direttore scientifico della Scuola di Legalità ‘don Peppe Diana’ di Roma e del Molise. Per l’instancabile azione di diffusione della cultura della legalità con particolare riferimento alla lotta alle mafie, alla corruzione e con predilezione per l’approfondimento della nostra Costituzione. Gli incontri con i giovani favoriscono e alimentano lo spirito critico e la capacità di elaborare idee che per essere costruttive non possono mai andare contro la condivisione. Franco Ianniello, presidente di ‘Cultura contro la camorra’. Per aver costruito un ponte comunicativo, progettuale e formativo con la Comunità Europea, proponendo temi di legalità e riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, sottolineando il valore delle buone pratiche elaborando nuovi processi di confronto con realtà che seppur geograficamente lontane, lavorano per un unico obiettivo di ribellione da ogni forma di violenza.
COSA E’ IL PREMIO – Il Premio, opera dell’artista Giusto Baldascino, consiste in una Vela versione in miniatura del monumento presente nel Parco cittadino di Casal di Principe dedicato a don Giuseppe Diana, verrà consegnato il 4 luglio a Casa don Diana, nel giorno in cui don Diana avrebbe festeggiato il suo compleanno. Il Premio nazionale è assegnato a personalità che hanno saputo meglio incarnare, nel campo artistico, sociale, religioso, politico, economico, delle professioni, il messaggio di Don Diana contribuendo alla denuncia, alla resistenza e alla costruzione di comunità libere alternative alle mafie.