I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Salerno stanno eseguendo – nelle province di Napoli, Roma e Bari – un’ordinanza di custodia cautelare personale emessa su richiesta della Procura di Napoli nei confronti di cinque indagati, in concorso, per una frode fiscale nella commercializzazione di prodotti petroliferi.
I reati contestati sono di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili. Nello specifico, i finanzieri della compagnia di Scafati, coordinati dal gruppo di Salerno, hanno notificato il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari ai fratelli M. e R.M., entrambi residenti a Napoli, G.S., residente a Volla (Napoli), L.B., residente a San Giorgio a Cremano (Napoli), e A.M., residente a Napoli. Quest’ultimo è considerato l’ideatore del complesso meccanismo evasivo di frode, grazie alla vasta e riconosciuta esperienza nello specifico settore, nonché al ruolo di primissimo piano ricoperto, nel periodo oggetto delle indagini, in una nota compagnia petrolifera, tanto da essere ritenuto uno dei migliori responsabili commerciali di prodotti petroliferi in tutto il Sud Italia.
Il giudice per le indagini preliminari ha anche emesso un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente dei beni riconducibili a 19 degli indagati, nonché alle società coinvolte nella frode, per un ammontare complessivo di oltre 48 milioni di euro. Si tratta dell’importo corrispondente all’Iva che è stata indebitamente evasa nell’arco di 4 anni. Le indagini delle Fiamme gialle di Scafati, coordinate dalla Procura di Napoli, sono state condotte mediante una complessa opera di ricostruzione documentale, nonché attraverso mirate indagini finanziarie nei confronti di una vasta platea di persone fisiche e di quattordici società, a vario titolo coinvolte nell’articolato sistema di frode, con accertamenti e riscontri presso le molte imprese che hanno intrattenuto i rapporti commerciali in qualità di fornitori e di clienti, su tutto il territorio nazionale.
In particolare, gli indagati avrebbero costituito una serie di società “cartiere” che si accreditavano falsamente come “esportatori abituali”, mediante la presentazione ai fornitori di false “lettere d’intento”, documenti che legittimano gli acquisti senza l’addebito dell’Iva. Il meccanismo fraudolento avrebbe così consentito alle società coinvolte di cedere su tutto il territorio nazionale, a depositi commerciali e/o distributori stradali del circuito delle “pompe bianche”, partite di prodotto a cifre nettamente inferiori rispetto a quelle di mercato, attuando così una vera e propria concorrenza sleale nei confronti degli operatori onesti che invece acquistano il carburante ai prezzi normalmente praticati sul mercato. Molto ingenti i volumi di carburante acquistato dal 2012 al 2015 dalle società implicate; infatti, ammonta a circa 210 milioni di euro il valore del prodotto commercializzato senza alcun versamento dell’Iva.