Dall’alba di giovedì mattina, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, diretto dal procuratore aggiunto Lucia Lotti, i carabinieri della compagnia di Ostia hanno tratto in arresto 17 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti pluriaggravati di carburante a danno di oleodotti che forniscono l’aeroporto di Roma Fiumicino.
La vasta operazione, che ha visto impegnati più di 150 carabinieri, ha interessato le città di Roma e provincia, Napoli, Trieste e Cagliari, dove sono stati rintracciati tutti gli appartenenti al sodalizio criminale. Gli indagati sono accusati anche di incendio aggravato su materie combustibili, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi e trasporto di persone prive di titolo di soggiorno al fine di procurarne l’ingresso illegale nel territorio dello Stato.
I componenti della banda sarebbero i responsabili dell’esplosione e del conseguente incendio del pozzetto di ispezione della rete Eni, avvenuto la notte del primo dicembre dello scorso anno, che richiese l’intervento di svariate squadre dei Vigili del fuoco e che provocò la chiusura per alcune ore del traffico della limitrofa autostrada Roma-Civitavecchia, oltre all’ingente danno economico di bonifica per la società proprietaria della conduttura. Nel corso di un tentativo di furto, la banda provocò una fuoriuscita di carburante da cui scaturì il tutto.
A capo dell’associazione per delinquere, i militari hanno individuato un italiano 42enne, imprenditore della provincia di Roma, che, attraverso la sua fitta rete di conoscenze nell’ambiente della commercializzazione degli idrocarburi, si occupava di smerciare “in nero” il carburante rubato, oltre a fornire tutto il sostegno logistico necessario agli altri membri dell’associazione: dal deposito per la temporanea custodia del carburante rubato, all’individuazione delle strutture alloggiative ed al noleggio dei mezzi impiegati per le incursioni.
Durante le indagini, i carabinieri sono riusciti anche a recuperare parte del carburante sottratto, intercettando in due occasioni due camion appositamente attrezzati con diverse cisterne di plastica di 1000 litri ciascuna, a cui erano collegati, centinaia di metri di tubi in gomma, sofisticate pompe idrauliche e gruppi elettrogeni per il loro funzionamento. In una di queste circostanze, cinque membri della banda sono stati tratti in arresto in flagranza di reato, dopo che i militari erano riusciti a mimetizzarsi tra la vegetazione circostante all’oleodotto, eludendo la fitta rete di staffette e vedette organizzata dai malviventi durante le operazioni di prelievo del carburante.
E’ stata, inoltre, accertata l’esistenza di un’organizzazione criminale volta a procurare, anche mediante la produzione di documenti di identificazione falsi, l’ingresso illegale nel territorio dello Stato italiano, attraverso il confine italo-sloveno, di immigrati privi di titolo di soggiorno, provenienti dall’area asiatica e mediorientale. In una prima circostanza, i trasportatori sono stati fermati in Croazia dalle locali forze di polizia, mentre cercavano di raggiungere il confine sloveno e successivamente Trieste, con un piccolo furgone in cui erano stati ammassati in condizione disumane 14 immigrati provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Iran. Agghiaccianti sono i particolari emersi dalle intercettazioni telefoniche, durante le quali i malviventi si interrogavano tra di loro se i trasportati nel ristrettissimo vano posteriore fossero ancora vivi (“Non senti nessuno che bussa dietro? Sono ancora vivi quelli?”). Un ulteriore viaggio invece è stato intercettato dai Carabinieri nei pressi del valico confinario di Monrupino – Fernetti (Trieste), con l’arresto del conducente del furgone, un pakistano di 25 anni, al cui interno erano ammassati 13 immigrati, al termine di un rocambolesco inseguimento terminato con un grave incidente stradale.
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