Blitz anticamorra della polizia con 30 arresti nei confronti di affiliati al clan “Piccolo-Letizia” di Marcianise, storico rivale sul territorio nei dintorni di Caserta del clan Belforte (alias “Mazzacane”). Il provvedimento restrittivo compendia l’esito delle indagini svolte dalla Squadra mobile casertana, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, nei confronti del sodalizio criminale di stampo camorristico denominato clan Piccolo-Letizia e dell’analogo sodalizio denominato clan Perreca, ad esso federato, entrambi operativi sui territori di Caserta, Marcianise, Recale e aree contigue, dagli anni ‘90 ad oggi, in aperta e armata contrapposizione con il clan Belforte.
ARRESTATI – Fabio Buanno, 56 anni; Luigi Caterino, 69; Francesco Antonio Celeste, 34; Maria Cristiano, 54; Pietro De Lise, 48; Achraf Larhzal, 36; Giuseppe Letizia (detto Vincenzo), 28; Antonio Nacca, 39; Domenico Perreca, 56; Gaetano Petruolo, 58; Achille Piccolo, 44, già ai domiciliari; Angelo Piccolo, 39; Palma Piccolo Bellopede, 42; Francesco Piccolo, 39; Pasquale Piccolo, 59; Salvatore Ricciardi, 36, già ai domiciliari; Gennaro Scognamiglio, 63; Vincenzo Timbone, 45, già ai domiciliari; Andrea Letizia, 45, già detenuto; Antonio Letizia, 50; già detenuto; Primo Letizia, 35, già detenuto; Michele Maietta, 36, già detenuto; Antimo Mastroianni, 54, già detenuto; Luigi Noia, 57; già detenuto; Antimo Perreca, 62, già detenuto; Giovanni Perreca, 59; già detenuto; Domenico Piccolo, 44, già detenuto; Salvatore Silvestre, 50; già detenuto, Giovanni Timbone, 47, già detenuto.
Ad ognuno degli indagati viene contestato il delitto di associazione per delinquere di tipo camorristico, in qualità di promotori, organizzatori e partecipi delle suddetti sodalizi di stampo mafioso che, avvalendosi del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, realizzano, in modo illecito, il controllo delle attività economiche, il rilascio di appalti e servizi pubblici, il rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative, l’illecito condizionamento del diritto di voto, il reinvestimento speculativo in attività imprenditoriali, immobiliari e finanziarie, l’affermazione del controllo egemonico sul territorio, anche attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni criminose rivali.
L’indagine fotografa la contrapposizione dei clan rivali sul territorio e la lunga scia di sangue che ne è conseguita nel ventennio dal 1990 al 2009 ed il successivo mutamento di strategia dei clan col passaggio dalla fase ‘armata’ a quella silente e virulenta dell’infiltrazione nel settore dell’imprenditoria. Le attività investigative, incentrate sulle intercettazioni dei colloqui in carcere e sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno offerto un rilevante spaccato delle tensioni interne al clan Piccolo, soprattutto tra la componente “Piccolo” e quella “Letizia”, negli anni successivi al 2005, allorquando, le numerose operazioni di polizia e il proliferare di collaboratori di giustizia nelle fila del clan Belforte segnavano il progressivo indebolimento di tale sodalizio e la progressiva ripresa delle attività del clan dei “Quaqquaroni”, nell’ambito del quale iniziavano frizioni tra le due fazioni, per contendersi il ruolo di leader.
In uno dei colloqui captati in carcere, Achille Piccolo, nonostante lo stato di detenzione, ribadiva al fratello Angelo la sua leadership all’interno del clan Piccolo e la sua intenzione di non cedere ‘lo scettro del comando’ a nessuno. E ancora, le indagini della Dda partenopea e della Squadra mobile di Caserta hanno disvelato l’importanza per il clan dell’infiltrazione criminosa nello svolgimento di attività imprenditoriali lecite e del controllo di queste ultime. Non sono mancati, inoltre, nell’ambito di tali contrasti, attentati dinamitardi e incendi di autovetture, quale quella “di un compagno” dei Letizia, che Pasquale Piccolo, “Rockfeller”, commissionava al nipote, Domenico Piccolo, al fine di affermare la propria supremazia sull’opposta fazione.
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