La Polizia di Stato di Chieti ha portato a termine stamani l’operazione “Rubino”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia de L’Aquila. Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile della Questura di Chieti che, con l’impiego di un imponente dispositivo di 200 uomini provenienti dalle limitrofe Questure di Pescara, Teramo e diverse altre del Centro Italia, nonché con l’ausilio di equipaggi del Reparto prevenzione crimine “Abruzzo” e di unità cinofile, ha dato esecuzione a 44 provvedimenti, di cui 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 27 perquisizioni a carico di altrettanti indagati nelle province di Chieti, Pescara, Teramo, L’Aquila, Varese, Milano e Roma. 14 le persone arrestate, soprattutto di origine albanese.
L’operazione, che prende il nome da uno dei cani antidroga, “Rubino”, utilizzati per scovare lo stupefacente, è frutto di un’indagine durata circa due anni che ha consentito di disarticolare un radicato sodalizio criminale, capeggiato da persone di origine albanese dedite al traffico di ingenti partite di stupefacenti, operante sull’intera fascia costiera abruzzese, con proiezioni anche fuori regione. La base logistica dell’organizzazione criminale veniva individuata nella provincia teatina. Il sodalizio si avvaleva di ulteriori gruppi, nuclei e “cellule” dislocate soprattutto nelle province di Chieti, Pescara e Teramo: una vera e propria capillare rete di distribuzione dello stupefacente sostenuta da un’articolata collaborazione di aderenti con il compito di smistare rilevanti quantità di droga e ricavarne ingenti somme di denaro.
Nel corso delle indagini sono state tratte in arresto 25 persone in flagranza di reato per detenzione a fine di spaccio di cospicui quantitativi di sostanza stupefacente ed indagati ulteriori 57 soggetti. La droga sequestrata in totale avrebbe fruttato oltre 5 milioni di euro. Considerevoli sono stati i sequestri operati anche fuori regione: 300 chili di marijuana del tipo “orange” (una delle migliori qualità), 90 chili di hashish, un chilo di cocaina, stupefacente che sul mercato al dettaglio avrebbe fruttato circa 5/6 milioni di euro, nonché 20mila euro in contanti ritenuti provento dell’attività di spaccio, armi e munizionamento.
Non sono mancati episodi in cui si è palesata tutta la valenza criminale e la pericolosità di alcuni degli indagati: è il caso di un sodale albanese che si “procura” clandestinamente una pistola ed un fucile a canne mozze con il chiaro intento di utilizzarli per risolvere una controversia, proposito sventato grazie al tempestivo intervento degli agenti della Squadra mobile della Questura di Chieti che riuscivano ad intercettare e disarmare preventivamente il soggetto. E ancora, la necessità di recuperare denaro per saldare le partite di stupefacente portavano anche alla progettazione di reati “predatori” e, in una circostanza, veniva sventata una rapina progettata in danno di una farmacia del teramano, sequestrando una pistola ad aria compressa modificata ed un passamontagna.
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