A Catenanuova, nell’Ennese, un 40enne, Filippo Marraro, ha ucciso l’ex moglie Loredana Calì, 40 anni, con un colpo di pistola. Si è poi costituito nella caserma dei carabinieri indicando il luogo in cui è stato ritrovato il cadavere della donna, in una zona di campagna di proprietà della madre.
La coppia si era separata la scorsa estate. Loredana Calì, che lavorava saltuariamente come domestica, lascia un figlio di 11 anni e una figlia di 17. Nessuno dei due figli era in casa: il ragazzino era a scuola, la sorella in gita scolastica in Puglia. Marraro, titolare di un autolavaggio, ha anche un figlio di 25 anni nato da un precedente matrimonio, che lavorava con il padre.
“La vendetta più è fredda, più si gusta”, aveva scritto Marraro su Facebook. Sul suo profilo, nella colonna di presentazione, aveva poi aggiornato il suo status come “vedovo” e di “disoccupato ben organizzato”. Secondo quanto ricostruito, Marraro aveva dato appuntamento alla ex, ma quando è arrivato ha estratto la pistola e ha sparato. Pare che in passato l’uomo si fosse reso responsabile di atti di violenza nei confronti della donna, che però non l’aveva mai denunciato.
“Buongiorno, Peppe Click. Mi dispiace per il raduno. Non posso venire più: ho ucciso mia moglie. Mi dispiace”. Marraro ha affidato la sua confessione a un messaggio vocale inviato a un amico di Agrigento, Peppe Nobile, da tutti conosciuto come “Click”, il nome del suo negozio di informatica. Pare che l’assenza forzata fosse per lui un cruccio impellente. E per questo alle 9 di mattina ha mandato all’amico un messaggio per spiegare l’imprevisto e per scusarsi. Con un finale drammatico: “Addio, addio a tutti. Scusatemi di tutto”.
Nobile non credeva al contenuto del messaggio: “Filippo era una persona educata, socievole, affettuosa. Un amicone”, racconta. Ha subito sperato che fosse un “pesce d’aprile”. Ma, riascoltando l’audio, è stato colto da un sospetto: il tono della comunicazione era un po’ alterato. Facile collegarlo a una recente confidenza: “Mia moglie mi ha lasciato”. E’ subito andato in Questura, gli è stato chiesto di chiamare il 113 ed è partito l’allarme. “Speravo che fosse una richiesta di aiuto”. Poco dopo, informato dalle forze dell’ordine, ha appurato che, purtroppo, era tutto reale.