Vicenza, laboratori cinesi clandestini per l’alta moda italiana

di Redazione

Producevano capi di abbigliamento di alta moda in nero per conto terzi, anche per grossi marchi italiani, evadendo imposte e contributi e sfruttando gli operai. E’ quanto ha scoperto la Guardia di finanza di Noventa Vicentina, che ha denunciato due imprenditori cinesi, elevato multe per 27.500 euro e dato il via alla procedura di sospensione dell’attività per due manifatture artigianali.

L’indagine ha visto agire insieme i militari del comando provinciale delle fiamme gialle e il personale della Direzione Territoriale del Lavoro. Due le attività manifatturiere individuate a Barbarano Vicentino, entrambe gestite da soggetti di nazionalità cinese ed operanti nel settore delle lavorazioni per conto terzi di capi di abbigliamento a mezzo di due, formalmente, distinti soggetti giuridici.

L’indagine ha permesso di constatare il modus operandi delle due aziende artigianali cinesi che sarebbero di fatto contoterziste di altri intermediari – attivi nel thienese – che fungevano da committenti e che avevano il ruolo di interporsi tra le imprese e i reali committenti delle commesse, industrie nazionali di alta moda. Fra queste ultime e i contoterzisti infatti non c’è in genere, spiegano i finanzieri, un rapporto diretto. Infatti, gli stessi committenti si rivolgono a dei “grossisti” (di nazionalità italiana) che organizzano il lavoro e ne ripartiscono le fasi a vari laboratori artigianali. L’attività delle Fiamme gialle ha consentito anche di verificare l’omesso versamento di ritenute d’acconto operate sui compensi elargiti ai lavoratori dipendenti nonché omessi versamenti trimestrali dell’Iva. Sono stati inoltre accertati ricavi non contabilizzati per complessivi 92.447 euro.

Otto i lavoratori in nero di nazionalità cinese per i quali non erano state eseguite le prescritte comunicazioni obbligatorie ad Inps e Inail. Fatto questo che ha portato alla segnalazione all’Ispettorato territoriale del lavoro, al fine di giungere alla sospensione dell’attività di impresa, in quanto ha utilizzato più del 20% di personale in nero su quello effettivamente impiegato. Al termine dell’attività ispettiva ai titolari sono state contestate sanzioni complessive per 27.500 euro per l’impiego dei lavoratori in nero, l’omessa consegna ai lavoratori delle lettere di assunzione, la mancata istituzione del libro unico del lavoro e per i compensi corrisposti senza tracciamento.

Infine, due cinesi sono stati segnalati all’autorità giudiziaria per la violazione delle norme riguardanti il cosiddetto “caporalato”: durante i controlli infatti i finanzieri hanno scoperto che i lavoratori vivevano in alloggi inadeguati, annoveravano diversi permessi non retribuiti (cosa che se non giustificata comporta un’elevata evasione contributiva). Nello specifico caso di datori di lavoro di nazionalità cinese, inoltre, a far scattare l’accusa di caporalato è stata l’intermediazione illecita di lavoro e sfruttamento, nonché le gravi e reiterate inadempienze sul versamento dei contributi previdenziali all’Inps, per circa 36mila euro.

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