E’ stata chiesta l’archiviazione per il fascicolo d’indagine aperto, circa quattro anni fa, a carico dell’ex parlamentare Lorenzo Diana, accusato di concorso esterno in associazione camorristica. 68 anni, originario di San Cipriano d’Aversa, e da tempo residente ad Aversa, tra i politici più attivi sul fronte dell’antimafia, eletto deputato e poi senatore con Pds, Ds e Ulivo per tre mandati, tra il 1994 e 2006, Diana si è difeso con l’assistenza dell’avvocato Francesco Picca con un lungo interrogatorio in Procura e depositando una dettagliata memoria. Il pm Maurizio Giordano e il procuratore aggiunto Luigi Frunzio hanno accolto la tesi della difesa. Ora si attende la conferma del giudice per le indagini preliminari.
Tra Diana e il clan dei casalesi, quindi, non ci furono collusioni nella vicenda della metanizzazione del Casertano affidata alle Coop rosse di Cpl Concordia che l’ex senatore avrebbe “favorito”. L’estraneità di Diana era già emersa lo scorso anno agli atti della sentenza del processo che vide assolti tutti i manager della cooperativa modenese. “Ero sicuro che sarebbe finita così – commenta Diana – mi ha fatto piacere leggere che non solo non ero stato compiacente con la camorra, ma anzi mi ero sempre impegnato contro di essa. Ma la soddisfazione per l’esito dell’inchiesta, dopo tre anni, 10 mesi e 5 giorni dall’avviso di garanzia, non cancella l’amarezza e il dolore per disfunzioni e la lunghezza della giustizia”.
Durante la sua lunga attività politica, che lo ha visto vivere sotto scorta per le minace subite dalla camorra, Diana ha sempre sostenuto l’operato della magistratura. È l’unico politico citato nel libro “Gomorra” di Roberto Saviano, che lo descrive come un vero eroe della lotta alle mafie, coraggioso e attaccato alla sua terra d’origine. E ora ribadisce: “Continuerò a farlo. Difenderò sempre il diritto-dovere di indagare. Ma le indagini vanno svolte presto e bene. Questi ritardi, che non attengono alle singole persone, non possono essere accettati. E non lo dico per me, che ho le spalle larghe. Restare quattro anni sotto inchiesta – aggiunge Diana – rappresenta un calvario durissimo. Così si annullano la persona, il suo ruolo, il suo impegno, la sua storia. Nel mio caso, anche un impegno antimafia scelto con una dichiarata scelta di vita, quando nel regno del clan dei Casalesi non c’erano né lo Stato né l’attenzione dei media, quindi in piena solitudine e in prima linea”.
Oggi Diana conferma “tutto il sostegno per l’autonomia della magistratura. Ma come Paolo Borsellino amava la sua Palermo e si impegnava per cambiarla perché alcune cose non gli piacevano – conclude l’ex parlamentare – dopo quattro anni di silenzio dico che la giustizia non può essere questa”.