A tre giorni dalla sconfitta del Movimento 5 stelle alle Europee, Luigi Di Maio chiede che il suo ruolo venga messo ai voti sulla piattaforma Rousseau perché gli iscritti sono “gli unici a cui devo rendere conto del mio operato”. Una decisione a cui arriva dopo le critiche che gli arrivano anche dal suo partito. Una tra le più pesanti accuse è quella del senatore M5s Gianluigi Paragone, che ha poi annunciato le sue dimissioni.
Di Maio: “Il mio ruolo sia messo ai voti su Rousseau” – Il leader M5s decide quindi di affidare ogni decisione all’esito della consultazione online degli attivisti, chiamando “gli scritti su Rousseau” al voto in merito al “mio ruolo di capo politico, perché è giusto che siate voi ad esprimervi. Gli unici a cui devo rendere conto del mio operato”. Dopo che “nelle ultime 48 ore hanno detto di tutto contro di me, prima di ogni altra decisione, oggi ho anche io il diritto di sapere cosa ne pensate voi del mio operato. Voglio sentire la voce dei cittadini che mi hanno eletto capo politico qualche anno fa. Quindi a voi la parola”. Questo il quesito a cui gli attivisti sono chiamati a rispondere, come si legge sul Blog delle stelle: “Confermi Luigi Di Maio come capo politico del M5s?”. Si vota giovedì dalle 10 alle 20.
“Se serve nuove strutture decisionali” – Di Maio chiarisce che “se c’è qualcosa da cambiare nel Movimento lo faremo. Se ci sono strutture o luoghi decisionali da creare lo faremo”. E sull’assemblea dei gruppi di Camera e Senato prevista per mercoledì sera: “Analizzeremo l’esito del voto con tutti i parlamentari e, nei prossimi giorni, farò altrettanto con i neo parlamentari europei, con i consiglieri regionali e una rappresentanza dei consiglieri comunali e i sindaci”.
Paragone: “Non sono un traditore, mi dimetto” – Nella sua intervista al “Corriere della Sera” dopo il risultato alle europee, Paragone aveva messo in fila tutte le accuse al suo leader, sottolineando che “ha fatto male pure da ministro, allo Sviluppo economico il Nord lo ha bocciato”. Per annunciare però all’indomani, ad Agorà su Rai3, che metterà a disposizione del suo capo il suo incarico parlamentare: “Non voglio passare per traditore: io consegno le mie dimissioni a Di Maio, sarà lui a decidere cosa farne. Non esiste l’opzione di andare altrove. Resto se c’è ancora un rapporto di fiducia, ma io resto un rompiscatole”.
“Bocciato anche come ministro” – Le accuse a Di Maio sono pesanti. Sull’attività al ministero dello Sviluppo economico, dice Paragone, “i nostri referenti devono essere gli artigiani. Perché andare da Confindustria?”. E sul Lavoro “mi è piaciuto, ma se fai il decreto Dignità devi usare gli ispettori del lavoro come un esercito”. E poi, rincara la dose il senatore, sul Lavoro “serve un ministro a tempo pieno” perché “a 32 anni non puoi fare il capo della prima forza del Paese, il vicepremier, il ministro dello Sviluppo economico e il ministro del lavoro”. Risultato, sempre parola di Paragone, “il Movimento è al suo minimo storico e come vicepremier ha perso la sfida”.
“Ritornino Di Battista e Grillo” – Insomma, urge un passo indietro, accusa il senatore: “Decida lui da cosa. Abbiamo bisogno di una leadership forte: deve andare per sottrazione. Il Movimento ha bisogno di un interlocutore che lo ascolti. E non può tenere due ministeri”. Troppi incarichi per Di Maio, secondo Paragone, che afferma: “Beppe Grillo, come Alessandro Di Battista, si è messo da parte. Ma doveva essere coinvolto di più” e lancia la proposta: “Non mi piace la definizione di segreteria politica per il M5s ma sì, si deve passare a una collegialità. Un gruppo ristretto, 4 o 5 persone, che rappresentino tutte le anime”.
Di Battista: “I numeri in Parlamento li abbiamo noi, chi è in difficoltà va sostenuto” – In questo “momento di difficoltà”, in cui “abbiamo appena preso la più grande scoppola della nostra vita”, Alessandro Di Battista ricorda che, se “la Lega ha vinto le elezioni europee, quelle che danno i numeri in Parlamento le abbiamo vinte noi. Quindi, come sempre, si vota ciò che è giusto e si bloccano le porcate”. Ai suoi dice che “chi è in difficoltà va sempre sostenuto dicendogli in faccia cosa non è andato bene e proponendo idee e cambiamenti. Io l’ho fatto, ovviamente, anche in queste ore”. Ed esorta gli attivisti a non temere “di essere irriverenti”, a non temere “il politicamente scorretto” perché “è la paura il nostro peggior nemico. Paura di sbagliare, paura del fango mediatico. Sono gli altri i politici di professione, non noi. Perché è proprio quando non si ha più nulla da perdere che si ricomincia a vincere”.