Si dichiara innocente, negando ogni accusa, Giuseppe Passariello, il padre della piccola Jolanda, di otto mesi, di Sant’Egidio del Monte Albino, in provincia di Salerno, deceduta all’ospedale di Nocera Inferiore tra venerdì e sabato notte (leggi qui). La piccola, da quanto accertato, sarebbe stata strangolata. Il 37enne da domenica sera è in carcere poiché destinatario di un provvedimento di fermo d’indiziato del delitto d’omicidio volontario aggravato. Prima della cattura sembra che stesse cercando la fuga dopo aver ricevuto la notizia di essere indagato.
Stamane l’uomo è comparso dinanzi al giudice per le indagini preliminari Luigi Levita per l’udienza di convalida che si è svolta nella casa circondariale salernitana. Difeso dall’avvocato Silvio Calabrese, Passariello, da quanto si apprende, si è difeso dalla pesante accusa che gli viene contestata dalla Procura di Nocera Inferiore, ricostruendo quanto accaduto in quella tragica sera. L’udienza, iniziata pochi minuti dopo mezzogiorno, è terminata intorno alle 15.45, in attesa della decisione del gip sulla convalida, o meno, del fermo.
“Mio marito prendeva mia figlia dalle guance, con una sorta di pizzicotto e, stringendola, la sollevava in alto. Mia figlia cominciava a piangere. Io non protestavo perché altrimenti mi avrebbe picchiata. Inoltre, l’afferrava alla gola e al mento”. È un racconto choc quello che ha fornito agli investigatori Immacolata Monti, la mamma di Jolanda. Come riporta “Repubblica”, la fine della neonata sarebbe stata causata dai continui maltrattamenti subiti all’interno della casa di Sant’Egidio di Monte Albino. Maltrattamenti che, secondo la donna, anche lei indagata per l’omicidio, sarebbero iniziati perché l’uomo, tossicodipendente, non voleva una figlia femmina: “Avrebbe voluto un altro maschio. E ha cominciato, quando aveva quattro mesi, a darle dei pizzicotti e a dirle che non la voleva”. L’uomo, come sostiene la moglie, non si sarebbe fermato neanche davanti al pianto disperato della bambina, anzi avrebbe detto: “Deve capire chi è il padre”.
Quello che emerge è un quadro di profonda violenza ma anche di degrado di una famiglia con gravi problemi economici e di una mamma incapace di opporsi alla brutalità del marito e difendere la piccola, tra l’altro affetta da una ridotta mobilità agli arti superiori e che per questo doveva essere sottoposta a visite specialistiche prima all’Asl di Nocera e poi al Santobono di Napoli. Una famiglia già colpita da un grave fatto di cronaca: il padre di Imma, Buonaventura Monti, fu ucciso con il fratello Matteo dal clan Alfieri. Fu un caso di lupara bianca e i corpi furono ritrovati alcuni anni dopo in una fossa comune grazie alle rivelazioni del pentito Pasquale Galasso.