I finanzieri del comando provinciale di Caserta, al termine di una complessa attività d’indagine delegata dal vice procuratore generale della Corte dei Conti per la Campania, Ferruccio Capalbo, coordinata dal procuratore regionale Michele Oricchio, hanno quantificato un danno erariale di oltre 3 milioni di euro patito dal Consorzio Idrico Terra di Lavoro (Citl) e derivante dall’indebita corresponsione di emolumenti ai vertici amministrativi e gestionali dello stesso Ente consortile.
In particolare, le attività investigative, condotte dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Caserta, hanno accertato che il management del Consorzio – Ente normativamente costituito per la gestione del servizio idrico di diversi Comuni della Provincia di Caserta – ha indebitamente corrisposto, nel periodo dal 2011 al 2019, emolumenti stipendiali al presidente e vicepresidente dell’Assemblea consortile e all’intero Consiglio di Amministrazione, riconoscendo cospicue somme in particolar modo per le figure del presidente e del vicepresidente del Consiglio di Amministrazione a cui sono state elargiti i compensi più sostanziosi.
In realtà, tali somme sono state liquidate in violazione alle misure di contenimento della spesa pubblica previste dalla normativa con la necessaria gratuità dell’attività svolta da “amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche”. Sul tema si è formato anche un consolidato orientamento giurisprudenziale da parte di numerose Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei Conti che hanno riconosciuto la piena applicabilità di tale norma anche ai consorzi tra enti locali – tra i quali rientra a pieno titolo il Consorzio Idrico oggetto di accertamento.
Pertanto, la magistratura contabile – recependo le risultanze degli accertamenti svolti dalle Fiamme gialle – ha disposto la notifica degli “inviti a dedurre” nei confronti di 20 amministratori pro-tempore del Citl nei cui confronti è stata ritenuta ascrivibile la responsabilità amministrativa per l’indebita percezione, a vario titolo, degli emolumenti in questione, ammontanti complessivamente a circa 900mila euro, per il periodo dal 2014 al 2019, attesa l’intervenuta prescrizione per le annualità pregresse.