Il rettore di Catania, Francesco Basile, e altri nove professori sono stati sospesi dal servizio poiché indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Al centro delle indagini su ‘Università bandita’ della Digos coordinate dalla Procura etnea 27 concorsi. Sono complessivamente 40 i professori indagati degli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.
L’ordinanza applicativa della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio emessa dal gip di Catania, su richiesta della locale Procura distrettuale, è stata eseguita da personale della polizia di Stato. I nove docenti destinatari del provvedimento sono professori con posizioni apicali all’interno dei Dipartimenti dell’Università di Catania. La polizia di Stato sta eseguendo 41 perquisizioni nei confronti dei 40 professori indagati.
L’inchiesta “Università bandita” è stata avviata nel luglio del 2015 e si è conclusa nel mese di marzo del 2018, ed è nata dalle denunce tra l’ex rettore Giacomo Pignataro e Lucio Maggio, ex direttore amministrativo generale dell’Ateneo. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali è emersa l’esistenza di un’associazione a delinquere con a capo il rettore dell’Università Francesco Basile. Nel corso della conferenza stampa è stato rivelato un particolare che ha riguardato proprio il passaggio di consegne tra i due rettore e la bonifica da eventuali cimici nella stanza del “Magnifico” da parte del neoeletto Basile. La corruttela, secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuta per il conferimento degli assegni, delle borse di studio e dei dottorati di ricerca, ma anche per l’assunzione di personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo (consiglio di amministrazione, nucleo di valutazione, collegio di disciplina) e per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.
Il “sistema delinquenziale” secondo gli investigatori della polizia di stato, non è ristretto alla sola università di Catania, ma si estende ad altri atenei i cui docenti sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici: in particolare è emerso che questi ultimi si sarebbero sempre “preoccupati di non interferire sula scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei Casi in cui non fosse meritevole”. Dalle indagini è emerso un vero e proprio codice di comportamento ‘sommerso’ che veniva applicato nell’ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi dovevano essere predeterminati dai docenti interessati e nessuno spazio doveva essere lasciata selezioni meritocratiche e soprattutto neo doveva essere presentato alcun ricorso amministrativo contro le decisioni degli organi statutari.
IN ALTO IL VIDEO