Aversa – Sarebbe già sul tavolo del ministro della Salute la segnalazione dei disservizi evidenziati nel reparto di Ematologia dell’ospedale “Moscati” di Aversa trasmessa alla stampa dall’infermiere Andrea Andreucci, in servizio presso l’unità operativa di emergenza territoriale del 118 degli ospedali romagnoli di Rimini e Riccione (leggi qui), così che potrebbe arrivare un’ispezione da parte della commissione di controllo ministeriale.
Ma non è l’unico intervento istituzionale che potrebbe interessare nei prossimi giorni il reparto di Ematologia perché la nota pubblicata da Pupia è stata trasmessa a tutti i componenti del Consiglio Regionale della Campania ed al Nas dei carabinieri. L’infermiere romagnolo, ribadendo che la sua denuncia non è legata al lutto subito, che definisce prevedibile e previsto, tiene a sottolineare che la segnalazione è finalizzata esclusivamente a evidenziare disservizi che non garantiscono la tutela della sicurezza degli ammalati.
Così, dopo aver, confermato il dato espresso dal dottor Martone relativamente al non averlo mai visto nei 40 giorni di ricovero del suo familiare, perché l’unica volta che è stato in quel reparto era nel giorno in cui il paziente è deceduto ed il medico non c’era, racconta: “Sono arrivato intorno alle ore 19.30 e sono andato via dopo il decesso del paziente avvenuto alle 6,50, come comunicato dai parenti ai medici. In quel lasso di tempo ho potuto constatare – afferma Andreucci, rimandando al mittente la tesi che avrebbe scritto ‘fandonie’ – l’assenza totale di medici e paramedici, un fatto che non ha alcuna giustificazione dal momento che era nota la presenza in quella stanza di degenza di un paziente in fase terminale al quale non è stata prestata alcuna attenzione, né aiuto per ridurne le sofferenze”.
Affermazioni che l’infermiere sarebbe in grado di provare, così come sarebbe in grado di provare con foto e video che si ripromette di trasmettere alla stampa per dimostrare inequivocabilmente la veridicità delle affermazioni fatte nella nota trasmessa ai media relativamente al mancato uso della divisa da parte del personale e di tutto quanto attiene a garantire la sicurezza di ammalati, definiti dalla direttrice sanitaria del presidio ospedaliero, immunodepressi. “Per impedire che le condizioni di questi ammalati peggiorino è previsto – ricorda Andreucci – che nelle sale di degenza entri il minor numero di persone possibile indossando abiti monouso come camici, mascherine, cappellino, calzari, cosa che non è avvenuto né avviene normalmente in quel reparto dove è possibile verificare quanto affermo semplicemente esaminando lo storico della lavanderia che ci dice cosa viene lavato e quante volte e verificare cosa viene acquistato relativamente ad abbigliamento monouso e sapone”.
C’è poi l’utilizzo dei guanti che, come sostiene Andreucci, non verrebbero cambiati passando da una sala all’altra, da una incombenza all’altra esponendo pazienti immunodepressi a possibili infezioni ospedaliere. Cosa che potrebbe essere, quanto meno, prevenuta utilizzando una pressione positiva negli ambienti di degenza, come previsto dalle norme, per impedire che germi dal corridoio passino all’interno. Allo stesso scopo andrebbero disposti, come raccomanda l’Oms, dispenser contenenti disinfettanti per le mani all’ingresso delle stanze essendo le mani il primo veicolo di trasporto di germi. Tutto questo non avverrebbe nel reparto di ematologia, da qui la segnalazione dell’infermiere romagnolo finalizzata a sollecitare interventi che garantiscano la tutela della salute dei ricoverati.